LA PAZIENZA DELL’ARCHITETTO

Biblicamente la virtù della pazienza viene attribuita al personaggio di Giobbe, che davanti alle privazioni infertegli da Dio rispondeva “Dio da, Dio toglie”. Oggi gli architetti, vessati non da Dio (non ancora perlomeno), ma da burocrati, committenti, vicini di casa dei committenti, funzionari pubblici, fornitori, Inarcassa, Agenzia delle entrate eccetera, sono diventati, per forza di cose, i Giobbe contemporanei. La pazienza dell’architetto contemporaneo ha radici storiche ed è puntellata da motivazioni di natura fisica e di grande interesse sociale.

Ecco le cinque ragioni che nutrono la pazienza dell’architetto, in ordine crescente di importanza.

–        L’utopia dell’architettura: E’ la ragione che spinge il giovane potenziale architetto neomaggiorenne a scegliere la facoltà di architettura. Si tratta di un grado di ingenuità post adolescenziale a causa del quale, l’architetto pre e post laurea immagina che, poco per volta, con grandi sacrifici e grazie al suo enorme talento sarà in grado di cambiare il mondo finendo sui libri di storia dell’arte, il suo modello è Le Corbusier, ultimamente Renzo Piano. Questo lo induce ad avere enorme pazienza, ad attendere, ad esempio, anche un lustro per vedersi approvato il progetto per un garage interrato che pure se realizzato non vedrà mai nessuno, tranne ovviamente il possessore dell’auto che ci parcheggerà dentro.

–        La sopravvalutazione del contrapposto: L’architetto conserva per molti anni un eccessiva fiducia nei confronti delle persone con le quali si confronta. Tendendo a sopravvalutarne le capacità cognitive e di ragionamento. Ecco che davanti a qualsiasi problema comunicativo, l’architetto si arma di santa pazienza e rispiega il concetto. E poi risponde alle obiezioni. Quindi rispiega ancora, fino allo sfinimento fisico e psicologico. Si tratta però di sforzi inutili: secondo una statistica piuttosto affidabile del politecnico di Sidney, infatti, l’85% degli antagonisti degli architetti hanno capacità intellettive pari a quelle di una colonia di scimmie urlatrici in fuga dalla zoo (l’architetto lo scopre quando oramai è troppo tardi però).

–        La rete di complicità: In alcuni casi non è né l’utopia e neanche l’estrema fiducia nel prossimo a motivare la pazienza dell’architetto, bensì la necessità di non interrompere la rete di complicità della quale è costretto a far parte per sopravvivere nel complicato mondo del lavoro. Questo lo porta a compiere grandi sforzi di sopportazione anche nei confronti di grandi torti o enormi ingiustizie. Si tratta del fenomeno della pazienza per interposta persona, si tollera qualcuno per non far dispiacere qualcun altro, che però non lo saprà mai. E’ qui che viene fuori la vocazione biblica dell’architetto che respira forte e attende, sfuggendo spesso alla tentazione di pronunciare la famosa invocazione che chiunque, in condizioni normali, direbbe, cioè: “vaffanculo”.

–        La stanchezza: Molti architetti decontestualizzati, cioè estrapolati dallo stress quotidiano non sarebbero dotati di così tanta pazienza. Invece il contesto li porta ad essere pazienti per un motivo molto semplice: perché sono stanchi. Pur di evitare ulteriori discussioni sfiancanti nelle quali soccomberebbero appunto per mancanza di energia, gli architetti preferiscono aspettare tempi migliori e rimandare qualsiasi polemica. Si tratta di rinvii perennemente rinnovati, perché l’architetto è sempre stanco ed in debito di sonno tutto l’anno anche per molti anni consecutivamente. L’unico modo per comprendere se un architetto è veramente paziente o semplicemente stanco, sarebbe sollecitarlo durante la sua settimana di ferie ad Agosto, se solo si riuscisse a raggiungerlo, ovviamente.

–        Il fattore economico: Ma il motivo principale a causa del quale l’architetto è tendenzialmente remissivo ed oltremodo paziente è senza dubbio il fatto economico. Pur di riuscire a farsi pagare, infatti, l’architetto accetta qualsiasi compromesso temporale, appuntamenti saltati, rimandi misteriosi, assenze inspiegabili e assegni post-datati. L’architetto circondato da creditori latitanti potrebbe benissimo lasciarsi andare a manifestazioni di isteria premestruale o invocare assistenza giudiziaria, ma preferisce aspettare, metabolizzando ogni tipo di insoddisfazione, questo almeno fino al probabile distacco del gas e della luce.

Infine va segnalato che secondo una recente inchiesta condotta dall’università Vaticana, dei prossimi 100 beati, 45 saranno sacerdoti, 25 missionari laici, 20 pastorelli ai quali è apparsa la Madonna o simili e fin qui ci siamo, ma i restanti 10 proverranno dalla categoria degli architetti.

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