IL MIO PAESE CE LA STA FACENDO

Oggi, sabato, mi sono svegliato presto.

Ma anche se non lo avessi fatto, ci avrebbe pensato il passaggio della macchina che spargeva il disinfettante, alle sette e trenta.

Sono emozionato: oggi la spesa settimanale tocca a me.

Tranne un blitz in farmacia, effettuato nell’oscurità, è esattamente una settimana che non esco dal portone di casa. Pure la spazzatura l’ho adagiata, allungandomi da dentro, sulla soglia.

L’ultima volta che sono stato chiuso in casa una settimana intera fu in terza elementare: quando presi la varicella.

“Posso farcela” mi ripeto. “Ho tutto qui”.

Per evitare perdite di tempo, ho già stilato la lista della spesa: latte, uova, pane, farina, salumi. Generi di conforto primari ai quali aggiungo un giornale e una busta di arance (le arance sono un classico della reclusione) da ritirare presso mia madre, già preventivamente avvertita.

Mi ficco in testa un cappello (anch’io, come il presidente, non vado dal barbiere) evitando, saggiamente, di guardarmi allo specchio: il primo distanziamento sociale che pratico è quello nei confronti di me stesso.

Infine, indosso fiero, la mia mascherina nuova.

Alle otto, con l’ansia di chi è costretto a gareggiare, evado dai domiciliari.

Scopro un bel mattino: il cielo è tinto di un azzurro incoraggiante, un filo di vento mescola il profumo del mare alla puzza del disinfettante.  

Per raggiungere la rivendita, preferisco la riservatezza dei vicoli; come un topo, scansando, ricambiato, gli altri rari topi che incrocio lungo il tragitto.

Dalle “Signorine del pane” non c’è coda. Entro.

Un mese fa ancora riuscivamo a scambiarci un sorriso; ora solo con gli occhi, tra un “mi dai due pagnotte” e “prendo il latte dal frigo”, tentiamo di dirci che “va tutto bene”.

Però il sorriso lo hanno negli occhi.

Le considero eroi. Come i medici, gli infermieri e i farmacisti. Come gli altri commercianti, distributori, volontari che stanno tenendo in piedi questo posto.

Se si potesse fare, le abbraccerei per sdebitarmi.

Pago con i soldi precisi e sguscio via.

Pure in edicola non trovo nessuno. Acchiappo il mio giornale nel mucchio.

Ho la tentazione di fermarmi, mettermi a guardare le riviste e i libri, come facevo sempre. Dire una stupidaggine, una qualsiasi.

Anche Peppino, il giornalaio, volentieri parlerebbe.

Lo vorremmo entrambi, ma rinuncio.

E’ stato quello sguardo repentino che ci siamo scambiati, a tradirci.

Ho ritirato le arance furtivo, come un detenuto alla visita familiare.

Per sicurezza comunico con i miei urlando da una stanza all’altra, come un adolescente inquieto.

Per il ritorno scelgo la strada principale dove c’è più gente in giro.

Vedere qualcuno mi rincuora.

Tranne qualche inutile disertore, questa guerra la stiamo combattendo tutti insieme.

Il mio paese ce la sta facendo.

Lo scrivo incrociando le dita.

Anche se la strada è ancora lunga, qui, non siamo mai stati così uniti.

Mai c’è stato uno schieramento così compatto, in marcia verso un traguardo solo.

Costretti nella trincea delle nostre case, partecipiamo a questo gigantesco gioco “del nascondino” coltivando un desiderio feroce e condiviso: quello di salvarci.

Sappiamo che a salvarci non saranno le minacce e le macchiette dei governanti che, mentre invocano l’esercito, promettono nuovi posti in ospedale.

Non sarà un respiratore in più o un farmaco miracoloso.

E neppure i santi o Dio. Troppo comodo chiamarlo in causa solo quando ci serve.

A mio avviso ci salverà la paura.

E il coraggio che sarà in grado di generare.

E poi la natura, che ha già stabilito i tempi. Indifferente a questi nostri sforzi.

D’altronde, noi abbiamo mai mostrato sensibilità nei suoi confronti?.

La natura farà semplicemente il proprio corso, come ha sempre fatto da quando esiste il mondo.

Manderà, su questa spiaggia, un’onda, costringendoci a trattenere il fiato.

Dopo averci sommerso, si ritrarrà.

Riemergendo, conteremo i danni.

E’ questo il più probabile dei futuri che immagino mentre torno a casa.

Sono arrivato: l’odore della primavera, quel poco che filtra tra le maglie della mia mascherina nuova, adesso supera quello dell’antisettico.

Placo l’ansia ammirando il profilo blu della costa all’orizzonte: si confonde con le nuvole e il cielo. Conosco posti peggiori dove aspettare una tempesta.

Il sollievo che mi raggiunge varcando il portone di casa, mi ripaga dei sacrifici.

Ho come l’illusione di avere nuovamente tutto.

Anche se ho dimenticato le uova.

FOLLOW ME ON TWITTER: @chrideiuliis – search me on LINKEDIN

Leggi anche: Dal mio balcone

Il primato di papà

Di cosa abbiamo bisogno

Tutti noi alla sfida del tempo

(Visited 1.105 times, 1 visits today)

Leave A Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


5 − = 2