Un palazzo bianco

FabrizioNegli ultimi anni ho avuto modo di spaziare, di volare, di vedere le cose del mondo da angolazioni diverse. Mi piace ricordare i percorsi del mio infinito viaggio, le tante città attraversate, vissute. ( … ) Ho visto cose che non tutti hanno la fortuna di vedere, ho incontrato gente, persone, volti, altri architetti, tante esperienze diverse, tanti modi diversi di guardare le cose. Poi un giorno, dopo aver visto tante città del primo mondo mi sono ritrovato davanti ad un palazzo bianco con un carro armato dietro le spalle. Quel palazzo bianco era il simbolo di un popolo. Un carro armato lo ha tirato giù.  ( … ) Allora mi chiedo: qual’è il compito di un architetto ? ( … ) Qual’è il valore della vita ?”.
Fabrizio M. (26/10/2004)

 Credo nella saggezza di Oscar Niemeyer, l’architetto centenario che ancora trova dentro sè l’energia e il coraggio di progettare edifici. Di un uomo così mi fido. Leggo le sue parole e le faccio mie, sono lucide, chiare, somigliano terribilmente alla verità. Pur avendo ottenuto dall’architettura tutto ciò che un architetto può chiedere alla sua professione, Niemeyer ama ripetere quanto questa disciplina sia in fondo solo un aspetto, marginale, dell’esistenza. “La mia architettura non ha niente di speciale” dice “la vita è un punto di vista più importante”. Nel sul appartamento di Rio, Niemeyer raccoglie amici per parlare di filosofia, di donne, di Dio, del tempo.
Credo nel suo senso pratico quando dice “Preferisco la posizione realista di chi sa che la vita è ingiusta, che l’uomo non ha senso, che tutto scompare. Ognuno viene qui, scrive la sua storiellina e se ne va, e il tempo la cancella”. Sono convinto che con un secolo alle spalle sia anche più semplice pensare che ” … si deve vivere, avere una donna al fianco, divertirsi, giocare”.
Io ci provo ogni giorno, con maggiore convinzione da almeno due anni, a concentrarmi forte sulla vita. A preoccuparmi solamente di viverla, sistemando le mie passioni in questo disegno di proporzioni più ampie. Do ai problemi dimensioni sempre modeste, mi ritengo di passaggio in ogni cosa che faccio; con leggerezza pongo la mia architettura, il mio pensiero, sulla bilancia del dubbio. E lascio che sia il tempo a decidere per me.
Soffro ancora per cose non tanto serie, ma sto cercando di guarire. Fingo di credere che la stabilità possa essere una conquista. Non lo è mai.
Ho riletto una frase di Niemeyer che dice: ” (la vita) è un minuto. E se è un minuto, perché litigare ? La miseria che ti circonda è più importante dell’architettura”.
Non mi preoccupo più di lasciare segni evidenti del mio passaggio. Non catalogo più ricordi. Non scrivo più un diario. Vorrei essere giusto con gli amici, preciso nel lavoro, geniale nelle idee. L’architettura è solo un dettaglio. Mi appassiona e commuove di più l’onestà, la povertà dei buoni.
Voglio adottare il mondo che ho visto e che voglio vedere come mia seconda casa. Ho soltanto paura di avere poco tempo per sistemare tutto, in fondo la nostra vita è solo un minuto e, come dice sempre Niemeyer: “Il problema è che questo minuto, insignificante nel tempo cosmico, rappresenta per l’uomo la sua strana avventura, la sua lotta piena di sogni e disillusioni”.
 Sono passati due anni esatti da quando il mio amico Fabrizio non c’è più.
Il suo minuto di vita lo ha trascorso donando ai poveri il suo tempo di architetto buono. Ha speso la sua strana avventura guardando il mondo e le sue ingiustizie dritte negli occhi. Cercando palazzi bianchi tirati giù dalla cattiveria degli uomini, stringendo mani in cerca di aiuto.
Per lui la vita è sempre stata molto più importante dell’architettura.
Per me lui c’è ancora.
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