Un corpo riceve una spinta verso il basso proporzionale al proprio peso. Questo principio si chiama “forza di gravità”.
Nessuno vi si può opporre, non su questo pianeta, almeno.
Santo Stefano. Telefono che squilla. “Stai calmo”. Cosciente. Ambulanza che non arriva. Zoccolo di calcestruzzo. Elicottero. Codice rosso. Tac di controllo, diagnostica totale. “Mi dica la data di nascita per favore…”. Posso parlare con qualcuno. “Ma qui è sempre così?” “Non sempre ma quasi sempre”. Accomodatevi fuori. Bisogna aspettare. Mini invasivo. Sala operatoria. Embolizzazione.
“Che vuol dire embolizzazione?” “Non lo so”. Cellulare, batteria scarica, caricatore, documenti. “E’ in Reparto“, “ma dove?“. Quarto piano. Ascensore, scale. Fermiamo un medico. “Ecco il pigiama”. “Mi raccomando ho un padre solo”. Cellulare acceso, mi raccomando. Insonnia. “Telefoniamo. Chissà mai rispondono“. Suona, rispondono. “Quant’è bravo questo dottore! E’ empatico“. Bisogna aspettare. Venerdì, sabato. Ma che giorno è oggi? Non lo so, non mi ricordo più. “E’ domenica. Rosso sul calendario“.
Cellulare che suona. Messaggi. Rispondi, non rispondi. Orario di visite, uno alla volta. “Come sta?” “Sempre uguale“. Stabile. Salutamelo. E’ esposta. Come Gigi Riva. “Che vuol dire esposta?”. Che è brutta. Ci vuole pazienza. Operazione. Dado, vite, tiranti. Non lo voglio sapere. Oggi no, forse domani. Oggi neanche: è prefestivo. 31 dicembre, fuochi artificiali. Cosa c’è da festeggiare? Niente. Fate presto. Il tempo non passa mai. Bisogna aspettare.
“Cosa leggi?” “Philip Dick. Ma oggi non riesco”. Capodanno. Sempre rosso sul calendario. Incubi. “Che ore sono? Ancora le cinque e mezza di notte!”. “Abbiamo portato il cibo”. “Avete l’autorizzazione? Non si può entrare”. Ospedale deserto. “Chi è il chirurgo?”. Intervento. “Forza!”. “Ma sai che anche mio padre…” “ma davvero? Non lo sapevo”. Sedie scomode, “faccio due passi“. Mal di schiena. Corridoio del secondo piano. Misurazione: venticinque passi in avanti, venticinque indietro. Pianerottolo del reparto. Misurazione: quindici passi avanti, quindici passi indietro. “E’ andato bene”. Ed ora? Bisogna aspettare. Femori, anche, polsi, tibie. Gessi, stecche, barelle, folla in ambulatorio. Niente febbre. Decorso normale. Albumina, creatinina, emocromo. 8.6, trasfusione. Sale, scende. Flebo. Cibo, puzza di cibo. Niente cibo. Televisione accesa, c’è la partita in tv. Cosa distingue un umano da un robot? l’empatia. “Domani usciamo”. Non è sicuro. Bisogna aspettare.
Calze della befana. Cioccolato vietato. Le feste sono terminate. “Ma quali feste?“. Dimissioni. “Ma veramente? Arriviamo!“. E’ di nuovo festa. E’ Natale, è Capodanno, E’ l’Epifania. E’ carnevale, Pasqua, Pasquetta, Ferragosto. Papà è tornato a casa.
(Grazie ai medici e a tutti coloro che anche solo con un gesto, una parola, un messaggio sono stati con noi).
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