Sarà vero restauro?

cappuccini
La vista da Amalfi del Convento dei Cappuccini o, viceversa, di Amalfi dal Convento, è senza alcun dubbio una delle immagini più note e fonte di ispirazione dei pittori a partire dal XVIII secolo, per restituire una certa idea romantica della costa, da poter esportare verso il nord Europa.

Insieme al Duomo, il convento dei Cappuccini, posto appena fuori dal centro storico della cittadina costiera sull’altura del monte Falconcello, rappresenta la testimonianza architettonica più suggestiva ed antica della cittadina. Il convento fu costruito dai frati a partire dall’anno 1100 ma poi ampliata nel secolo XIII secondo la classica impostazione tipologica e stilistica dell’epoca. I frati vi alloggiarono fino al Marzo del 1815, allor quando furono soppressi gli ordini monastici e lo stabile fu adibito, parzialmente, a locanda dalla famiglia Vozzi. Nel 1840 i religiosi ripresero possesso del convento fino al 1866, quando furono nuovamente costretti ad abbandonarlo. Nello stesso anno il Comune di Amalfi vi insediò una scuola di nautica che ebbe vita breve poiché il complesso divenne, ben presto, definitivamente Hotel dei Cappuccini.
Il successo icastico del complesso sopravvisse anche alla scomparsa dei due elementi dal maggior fascino paesaggistico: il belvedere di Santa Caterina e la grotta dei Cappuccini, avvenuta tra il 1867 ed il 1899. La crescita demografica ed edilizia di Amalfi nel secolo XX, non intaccò il suggestivo scorcio dell’albergo dei Cappuccini al quale subito dopo il secondo conflitto mondiale fu aggiunto l’ascensore in ferro e vetro che offriva all’ospite un percorso alternativo alla lunga scala proveniente dal centro cittadino.
Il prestigio dell’albergo crebbe durante lo scorso secolo: il chiostro, i saloni e le “celle” ebbero il piacere di ospitare personaggi illustri: da Samuel Morse a Richard Wagner, da Anna Magnani a Roberto Rossellini, da Eduardo De Filippo a Salvatore Quasimodo che vi morì, improvvisamente nel 1966.
La conduzione dell’albergo ha avuto negli ultimi anni una storia tormentata; gli affittuari storici, gli Aielli, subentrati ai Vozzi nel 1926, hanno intrattenuto con l’amministrazione comunale una lunga querelle giudiziaria fino a subire la sentenza di sfratto esecutivo, attraverso la quale, il Comune di Amalfi, nel Dicembre del 2002 è tornato in possesso dell’albergo. Nel frattempo la società Framon Hotel si era aggiudicata la gara in licitazione privata per la gestione dell’immobile subordinata all’esecuzione delle opere di restauro, risanamento conservativo e miglioramento funzionale. Opere che sono cominciate nel 2006 per mano della società alberghiera NH Framon Italy Hotel Management (nata dalla fusione tra NH e Framon Hotel del Gruppo Franza) e che dovrebbero terminare nel 2009, dando vita al nuovo Albergo Cappuccini di Amalfi.
I termini dell’intervento sono stati presentati lo scorso 4 Novembre in un incontro aperto alla cittadinanza nella sala Ibsen ad Amalfi. Praticamente nulla è trapelato circa il restauro della struttura, affidato agli architetti Sullutrone e Mazzucca associati allo studio Bauen di Salerno (sotto la vigilanza della soprintendenza ai beni architettonici di Salerno) per un importo complessivo di 19 milioni di euro comprensivo della progettazione e della esecuzione dei lavori ma anche della fornitura delle attrezzature e degli arredi.
La formula della concessione in fitto e gestione (che come da contratto avrà una durata di 34 anni) consente al Comune di conservare la proprietà dell’immobile con un corrispettivo di 260.000 euro all’anno di canone, permettendogli di recuperare dal punto di vista architettonico e funzionale un immobile dall’elevatissimo valore storico e culturale.
La questione della gestione privata di questo tipo di monumenti è senza dubbio al centro del problema della tutela dei beni culturali, specie quando si tratta di complessi di grandi dimensioni.
A quali compromessi deve scendere la sfera pubblica per poter salvare complessi monumentali che, senza l’apporto dei privati, finirebbero in macerie ?. Se la sorveglianza della soprintendenza e del Comune garantirà il rispetto di elementi architettonici e tipologici, è una questione alla quale l’incontro non ha dedicato nessuno spazio nè tanto meno dato risposta. Tuttavia la disciplina del restauro prevede, è bene ricordarlo, che la conservazione dei monumenti si esplichi favorendo destinazioni utili alla società, nell’auspicio che queste non alterino la distribuzione e l’aspetto delle edificio (Art. 5 della Carta di Venezia “per la conservazione ed il restauro dei monumenti”).
Comunque la struttura del convento dei Cappuccini è da un secolo e mezzo adibita ad albergo, per cui non dovrebbero innescarsi grosse trasformazioni interne tali da alterarne l’equilibrio architettonico. Finora maggiori perplessità può destare, invece, la scelta di demolire l’antico ascensore esterno, probabilmente desueto ma certamente un esempio di archeologia industriale e pioneristico nel campo dell’ingegneria specie in costa d’Amalfi.
Ma la vicenda dell’hotel dei Cappuccini di Amalfi riporta all’attualità almeno altre due vicende di restauro, affidato ai privati, in costa d’Amalfi. Il complesso alberghiero del Convento di Santa Rosa a Conca dei Marini e del castello Mezzacapo tra Minori e Maiori. In entrambi i casi la sfera pubblica non solo non è riuscita a conservare (o ad acquisire) la proprietà dell’immobile ma è entrata in conflitto con gli interventi effettuati durante le opere di restauro e recupero funzionale delle strutture. La sensazione è che, ad oggi, solo grandi sforzi economici da parte di privati (che intendono ricavarne il giusto tornaconto, ovviamente) può consentire il salvataggio di complessi architettonici abbandonati per i quali i comuni non nutrono nessun interesse e, comunque se anche volessero, non possiedono i mezzi economici per intraprendere opere di restauro.
Si pensi agli opifici (cartiere e mulini) delle valli di Amalfi, Minori e Tramonti, alle antiche torri di avvistamento lungo la costa o sulle alture o ai pochi palazzi nobiliari non ancora manomessi.
Quale futuro per questi beni architettonici ? Questo è l’interrogativo più rilevante che la futura riapertura dell’albergo dei Cappuccini, oggi, solleva.
(L’articolo è stato pubblicato su “Eco magazine” n°9 del 06.12.08)
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