L’INVISIBILE NIKOLAS

Nikolas era invisibile già da piccolo.

Quando, a scuola, i compagni facevano le squadre in cortile, non lo sceglievano mai. Se erano dispari, Nikolas restava per ultimo.

Ma pure se erano pari nessuno lo sceglieva: giocavano in cinque contro quattro o in sei contro cinque.

Nikolas si sbracciava, provava a farsi notare, ma niente.

Era invisibile.

Neanche la maestra si accorgeva della sua presenza.

Incontrandola, la madre di Nikolas faticava molto per spiegarle chi fosse suo figlio.

Le diceva: “E’ quello magro, con gli occhi chiari. I capelli corti”.

Ma la maestra scuoteva il capo: non ricordava.

“Sta seduto al secondo banco. Ha una cartella azzurra”.

La maestra iniziava ad annuire, ma senza convinzione.

“Una volta, uscendo di corsa dall’aula, è ruzzolato dalle scale e si è rotto due denti”, era costretta ad aggiungere aneddoti epici.

Finché la maestra dichiarava di ricordarsi.

A quel punto, per essere convincente, la rassicurava. Diceva che era un bravo scolaro, che la sua condotta era soddisfacente anche se ne auspicava maggior profitto in futuro. Dopodiché congedava la donna.

In realtà la maestra ignorava chi fosse Nikolas, fingeva solo per sbrigarsi e rispedire appagata a casa la madre.

Nikolas comprese quanto fosse davvero spiacevole essere invisibile quando a quattordici anni si innamorò di Alice.

Alice non era la più bella della scuola (Nikolas era un realista, era cosciente di non potersi innamorare della più bella) ma era una delle più brillanti. Un piccolo fenomeno: l’anno prima era stata promossa con tutti “9” e “10” in italiano.

Un giorno, durante le lezioni pomeridiane, aveva compiuto l’impensabile gesto di salutare Nikolas.

“Ciao” aveva detto, pescandolo nel mucchio della sua classe.

Nikolas, stupefatto, non era riuscito a rispondere.

D’altronde nessuno si accorgeva mai di lui. Neanche i parenti, figuriamoci un’estranea.

Da quel giorno Nikolas iniziò a sorvegliare Alice: la attendeva all’uscita della scuola, la spiava a messa e la pedinava in palestra, sempre in attesa del momento giusto per dichiararsi.

Ma quando quel giorno finalmente arrivò, Alice gli rispose di non ricordarsi di lui. E che non l’aveva mai visto.

Anzi, manco gli rispose perché, in realtà, neanche in quella circostanza riusciva a vederlo.

Fu un colpo duro per Nikolas.

Dopo il diploma in ragioneria, si iscrisse all’università, ma al primo esame, quando rispose all’appello alzandosi in piedi, nessuno si accorse di lui.

Il professore lo credette assente e venne respinto.

Così decise di accettare un posto di contabile nella fabbrica di limoncello dello zio.

A dire il vero non andò proprio così. Nikolas rilevò semplicemente il posto del padre che aveva raggiunto l’età pensionabile.

Siccome dimostrava più della sua età molti nemmeno si accorsero dell’avvicendamento.

Entrava nel suo piccolo ufficio alle 8.30 e ne usciva alle 17. Mezz’ora di pausa per pranzo.

Lavorava da solo, col sottofondo della radio sintonizzata su Radio Popolare.

Una settimana di ferie per Natale, tre giorni a Pasqua e quindici ad Agosto.

Così, per venticinque anni.

Nei giorni della quarantena la fabbrica di limoncello chiuse e Nikolas fu costretto a restare in casa.

Viveva da solo, al secondo piano di un edificio quasi interamente sfitto.

Dal balconcino del salotto vedeva la via dove un posto di blocco dell’esercito sorvegliava che nessuno uscisse. Tutti, spaventati, rimanevano chiusi nelle proprie abitazioni.

Ma quando arrivò lo splendore della primavera, rimanere in casa diventò impossibile. In molti persero il senno. Quelli che, stremati, evasero furono prontamente bloccati.

Coloro che cercavano di sfuggire ai controlli rasentando i muri, venivano immediatamente segnalati dai reclusi, accampati sui balconi.

Alcuni recidivi finirono addirittura in galera.

Un giorno Nikolas avvertì un irrefrenabile desiderio di passeggiare in spiaggia.

Si mise le scarpe e scese in strada.

La attraversò, passando dinanzi al blindato.

Sfilò a mezzo metro da una coppia di soldati che, in assetto da guerra, controllavano che nessuno contravvenisse agli ordini. Quando fu proprio sotto gli occhi del più giovane dei due, Nikolas esitò qualche istante.

Ma quello non si accorse di nulla.

Da quel giorno prese ad uscire ogni giorno intorno alle quattro del pomeriggio.

Se ne andava avanti e indietro sulla riva finché il sole spariva dietro la punta della baia.

Indisturbato.

Era invisibile.

(#1 – continua)

(nell’immagine: “Man in a bowler hat” – 1964 – particolare – R. Magritte)

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