Le quattro mura

CAM00573Quando avevo vent’anni, cioè vent’anni fa, scrissi che mi sarebbe piaciuto restare a guardare il mare.

Il mare ha per confine l’orizzonte, limiti distanti ma precisi, è una superficie ma è anche un enorme volume. E’ uno spazio fisico, ma soprattutto mentale. E’ un luogo inconfondibile, guardardolo si stabilisce un posto, ci si costruisce una casa davanti al mare e lì si sta.

A vent’anni l’architettura della mia vita aveva le sue quattro mura, piuttosto liquide, ma sembravano sempre quattro e per soffitto c’era il cielo. Era semplice immaginare il cambiamento: costruire un muro o buttarlo giù, allargare il perimetro, aggiungere una nuova finestra che guardasse il mare aprire o chiudere le tende, fare buio. Aggiungere un divano, spostare il tavolo e le sedie. Era un’architettura semplice, di angoli smussati e colori tenui. Dove le stagioni trascorrevano lente, ed ogni volta c’era gente che entrava e usciva, ospiti inattesi, pigrizia ed energia.

La casa dei vent’anni è anche un luogo dove la memoria non fa sforzi, archivia senza paura, non c’erano tante fotografie a gratis, bisognava fare a mente.

Quando hai quarant’anni, o ci stai per arrivare, quelle quattro mura sembrano così poco liquide. Se provi ad appenderci un quadro, il chiodo si piega, finché ad alcuni quadri devi rinunciare e anche ad alcune finestre che guardano il mare e fanno entrare troppo panorama. Non puoi distrarti. Le quattro mura possono diventare otto, sedici. Possono diventare un labirinto; l’architettura della vita è uno schema da interpretare ogni volta. E in questa casa il tempo scorre rapido, radiatori di design accendono e spengono in continuazione gli inverni, ci sono sempre sedie vuote; dove vorresti il silenzio, suona il baccano. A volte è troppo buio, altre volte troppo vuoto. L’incoscienza non è più di serie, serve la consapevolezza. Serve anche la felicità, ma quella viene, spesso c’è già ma non si vede bene.
L’architettura dev’essere leggera, sorridere aiuta.

Sarà che le parole più belle sulla “quarantitudine”, per me, le ha scritte Massimo Pezzali, di Pavia, detto Max, cantante.

Quanti armadi da svuotare, quante cose da buttare, che sembravano importanti e invece non mi servono

Sarà che avere una casa, anche molto bella, non significa avere un’architettura della vita.

Sarà che non si può sempre continuare a spostare i mobili, ad un certo punto devi decidere.

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