L’ARCHITETTO SMONTA L’ALBERO DI NATALE

Gli architetti, in genere, a Natale preferiscono costruire il presepe perché in esso materializzano tutte le loro visioni urbanistiche tra il concreto e l’utopia. Solitamente intervengono nella realizzazione dell’albero di Natale solo durante la fase della sua elevazione e fissaggio. In questo frangente possono mostrare le loro competenze strutturali con alcune valutazioni sorprendenti, tipo la resistenza al vento e l’indice di sicurezza al ribaltamento. Ma in sostanza, quando le feste sono terminate, nella quasi totalità degli ambienti domestici, all’architetto viene chiesto di smontare sia il presepe che l’albero di Natale. Tuttavia l’architetto si rifiuta sempre di smontare il suo presepe, che ritiene artisticamente pari ad un’opera d’arte di Alberto Burri e dunque fosse per lui lo lascerebbe in salotto non fino al Natale successivo, ma per sempre. Dunque, dopo qualche discussione, l’architetto di casa, per quieto vivere, accetta di smontare l’albero di Natale.

Questo anche se gli architetti, in realtà, non sono molti capaci di smontare, per un architetto, infatti, qualsiasi cosa, dalla cupola del British museum alla cassettiera Malm dell’Ikea, una volta montata va lasciata inalterata per l’eternità.

La tentazione primaria dell’architetto sarebbe quella di dare fuoco all’albero e poi di buttare tutto nell’umido, ma lo frena l’assenza di un piano antincendio e l’insufficienza delle vie di fuga, inoltre l’eventuale arrivo dei vigili del fuoco agiterebbe l’architetto che ogni volta che sente l’arrivo di una sirena teme che lo stiano per arrestare.

La seconda tentazione dell’architetto è quella di sub-appaltare il lavoro ad una nuova ditta. Tipo ad un nipote minorenne, con la promessa di un pagamento al massimo del ribasso. Pagabile a sessanta giorni, cioè verso Pasqua.

Una terza folle idea dell’architetto è di lanciare contro l’albero un animale domestico, tipo un gatto o un cane; con una qualsiasi scusa fargli distruggere l’albero e poi procedere come sopra, ovvero scaraventandolo interamente nel bidone dell’umido.

Un ultimo proposito dell’architetto è di conservare l’albero nelle condizioni nelle quali si trova, ovvero completamente addobbato. Dunque incartarlo e trasportarlo in cantina nel suo stato attuale. Secondo una valutazione costi-benefici, che l’architetto fa istantaneamente, tale operazione gli farebbe risparmiare circa 40 minuti di tempo nell’immediato ed almeno un’altra ora nel successivo mese di Dicembre, quantificabili in circa 12 euro, considerando una paga minima di 7 euro all’ora, che egli mutua dalla paga di una baby-sitter, comunque superiore a quella di un qualsiasi architetto.

Un’altra operazione preventiva allo smontaggio dell’albero, è quella dello stivaggio dei beni alimentari usciti indenni dalle feste e posizionati alla base dell’albero. In genere si tratta di pandori scadenti che l’architetto fa il sacrificio di portare al suo studio, per poi mangiarli, semi-clandestinamente durante le famigerate crisi di fame delle 11 a.m e/o 4 p.m., oppure notturne.

In genere l’architetto svolge le operazioni di disaddobbo dell’albero in un pomeriggio domenicale oppure, in un giorno lavorativo, nella mezz’ora che intercorre tra la cena e il crollo sul divano. Oppure appena trova dieci minuti tra una telefonata e l’altra, tenendo il cellulare tra la spalla e la mandibola e contemporaneamente staccando le luci dagli aghi di pino sollevandole appena; dunque utilizzando la famosa “terza mano dell’architetto”, sviluppata in anni di cantiere quando è costretto a tenere rullina, blocknotes e matita simultaneamente.

Le difficoltà maggiori si ravvisano quando l’architetto giunge alla manovra finale, ovvero quando deve sganciare l’albero dai sostegni che lui stesso ha ideato, costruendoli con coefficienti di sicurezza come se durante le festività natalizie l’albero avrebbe dovuto resistere all’uragano Eleanor. Solitamente durante quest’ultima operazione l’architetto, nonostante invochi aiuto, viene lasciato tristemente solo, perché durante la realizzazione dell’albero era stato più volte avvertito di non esagerare con la prudenza. Ma lui, volendo fare il gradasso, non ha dato ascolto a niente e nessuno.

Gli architetti giovani sono meno propensi a smontare l’albero di Natale, sono ancora troppo invaghiti dal sogno della realizzazione dell’architettura; viceversa gli architetti over 45 eseguono il compito con grande destrezza e spirito di servizio. Accantonato l’ideale dell’edificazione, hanno già chiaramente intuito che il futuro sarà tutto nella demolizione.

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