L’ARCHITETTO EMIGRATO TORNA A CASA PER NATALE

Centinaia, anzi no migliaia, forse centinaia di migliaia di architetti, in questo momento stanno tornando a casa per celebrare il Natale in famiglia.

Si tratta degli architetti emigrati che, causa lavoro, si ritrovano dislocati in giro per il mondo. Alcuni sono emigrati consapevolmente, in cerca di miglior fortuna, altri sono stati costretti. E non vale solo per gli architetti, ma anche per gli studenti in architettura, disposti a spostamenti anche di migliaia di chilometri pur di realizzare il proprio sogno.

Ma per il giorno di Natale, tutti, architetti e futuri architetti, non vogliono mancare al tradizionale raduno familiare presso i luoghi natii. Tuttavia si tratta di un ritorno e di un relativo soggiorno non sempre agevole né privo di inconvenienti.

Ecco la classifica dei cinque architetti emigrati che tornano a casa per Natale in ordine crescente di sofferenza cumulata.

Al quinto posto: L’architetto emigrato sciupato. Sgombriamo il campo da qualsiasi dubbio: tutti gli emigrati, che stiano in Tanzania o a New York, quando tornano a casa, dopo un rapido esame visivo dei familiari, vengono considerati “sciupati”. Rare eccezioni potrebbe riguardare solo i chiaramente obesi ma non sempre: a Natale non si è mai abbastanza obesi!. Per questo motivo, per l’architetto emigrato sciupato, l’intero periodo natalizio si trasforma in un’ininterrotta quanto coattiva cura ricostituente a base di dosi massicce di carboidrati e zuccheri complessi. Con brevi e rare pause solo per recarsi al gabinetto o a messa. Inoltre, come se non bastasse, quando l’architetto emigrato sciupato deve ripartire, viene beneficiato con una parure di pacchi alimentari per un controvalore complessivo di 5000 euro solo in dazi.

Consolazione: Tornato al lavoro avrà riserve di cibo a sufficienza per i successivi sei mesi.

Al quarto posto: L’emigrato sciupato indigente. Purtroppo molti architetti emigrati non sono ancora riusciti ad ottenere quel successo economico che gli consentirebbe una vita non dico agiata, ma almeno tranquilla. Questa povertà risulta evidente già dalla qualità del viaggio al quale l’architetto emigrato sciupato indigente è costretto a sottoporsi per tornare a casa. In genere su un treno regionale notturno che effettua una media di 40 fermate all’ora, in compagnia di altri architetti emigrati, calabresi, che tornano a casa con 30 mc di panni sporchi e decine di panettoni sottocosto presi al discount dei quali la metà vengono consumati durante il viaggio. L’architetto emigrato sciupato indigente, nonostante provi a dissimulare opulenza, viene compassionato da tutti i familiari che, infatti, non gli regalano il cappello o la sciarpa ma gli fanno la “busta”, con cifre direttamente proporzionali al grado di parentela. Fino alla zia tirchia che gli consegna la solita sciarpa dozzinale in acrilico oppure gli molla una umiliante dieci euro.

Consolazione: Grazie alle “buste” risolve il problema dell’affitto per almeno due mesi.

Al terzo posto: L’emigrato sciupato, indigente e single. Condizione particolarmente infelice è quella dell’architetto sciupato indigente che, superata l’età di 35 anni, si ritrova pure single. Questo dramma è più tipicamente femminile; in questo caso infatti, in famiglia l’attributo “architetto” viene sostituito o, nel migliore dei casi accoppiato, a quello di ”zitella”. Così al pranzo di Natale dinanzi al plotone di esecuzione dei parenti l’architetto emigrato sciupato, indigente e zitella sarà sottoposta al fuoco di fila di domande quali: “…e quando ti sposi?”, “…ma non hai un fidanzato?”, “…ma veramente vivi da sola?” “…ma quando la metti la testa a posto?” con relative prediche che iniziano sempre con la frase: “…io alla tua età…ecc…”. Le più resilienti affrontano la sfida con temerarietà, offrendo risposte sfuggenti o ironiche. Altre mentono. Più facile il compito dei celibi che possono far notare, anche a 45 anni, di essere considerati ancora “giovani architetti”.

Consolazione: I single non sono costretti a fare il doppio turno dei cenoni pure con suoceri o potenziali suoceri.

Al secondo posto: L’emigrato indigente sciupato single e perseguitato. Alcuni architetti, particolarmente disponibili, diventano prede per clienti torturatori che non li mollano in nessun giorno dell’anno, neppure a Natale. A molti di questi l’architetto ha promesso che li avrebbe accontentati “prima di Natale” ma purtroppo, causa la moltiplicazione dei carnefici, non ci è riuscito ed ha dovuto cedere alla più comoda formula “ci vediamo subito dopo Natale”. Incoraggiato da tale rassicurazione il tormentatore, in piena cena della vigilia, invia un micidiale messaggio che inizia con “calorosissimi auguri” e termina con “quando sono pronte le carte?”.

Consolazione: Trovandosi ad almeno 500 km dal posto di lavoro, può ulteriormente rimandare aggiungendo un “provvederò al rientro” senza precisare quando.

Al primo posto: L’emigrato sciupato indigente, single, perseguitato e rinviato a giudizio. L’architetto è diventato un lavoro pericoloso dal punto di vista giudiziario. Senza un processo penale a carico, magari anche una condanna, non si è neanche considerati veri architetti. Tuttavia questa condizione crea sempre sospetti e preoccupazioni in famiglia, con parenti, forcaioli, che non credono alla buona fede dell’architetto e, di conseguenza, lo trattano come un delinquente patentato scansandone persino la stretta di mano. La discussione scivola così nella polemica politica, finendo inevitabilmente in rissa verbale. Rovinando di fatto il suo Natale e quello di tutti gli altri.

Consolazione: La riforma sulla cancellazione della prescrizione che andrà in vigore dal 1° Gennaio, non è retroattiva.

Auguri di buon Natale a tutti gli architetti che siano emigrati o no.

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