LA FONTANA DEI LEONI DA TASTIERA

Al termine della fertile estate, nella Fattoria degli animali si attendeva il volgere dell’autunno, occupandosi delle solite faccende. Bisognava svuotare le fogne intasate e rattoppare le buche stradali, ma anche scovare nuove entrate e preparare gli addobbi per il Natale.

Nella Fattoria tutti lavoravano secondo la propria capacità. Nessuno si schivava, o quasi nessuno.

Ogni animale, fino al più umile, lavorava a voltare il fieno e a raccoglierlo.

I cavalli percorrevano su e giù i campi decine di volte al giorno e le vacche riempivano di latte ogni secchio che gli veniva sottoposto.

Persino le anatre e le galline si affannavano qua e là tutto il giorno sotto il sole, portando fili di fieno nel becco.

I maiali non lavoravano ma dirigevano e sorvegliavano gli altri.

Con la loro cultura superiore era normale che assumessero la direzione della comunità.

Alla domenica non si lavorava. Dopo l’alzabandiera tutti gli animali si recavano in truppa nel grande granaio per un’assemblea generale che si chiamava “Consiglio”. Qui si tracciava il piano di lavoro della settimana entrante e i progetti venivano esposti e discussi. Erano sempre i maiali che esponevano i progetti.

Gli altri animali capivano come dare il voto, ma non riuscivano a concepire in proprio alcun progetto.

Lentamente, tuttavia, queste regole erano cambiate.

I maiali disponevano della fattoria con risoluta fermezza, da quando si erano insediati nella Casa colonica.

Era assolutamente necessario che i maiali, che erano il cervello della Fattoria, avessero un posto tranquillo ove lavorare. Era anche più conforme alla dignità del Capo.

Dei comandamenti ufficiali, quelli che guidarono la Rivoluzione, si era persa traccia. Era stato proprio uno dei maiali a cancellarli, nottetempo, dalla parete del granaio con una copiosa mano di vernice bianca.

Ma il miglioramento, che tutti gli animali auspicavano, tardava a venire.

Al vecchio asino le cose sembravano persino peggiorate.

Sulla Rivoluzione e i suoi risultati mai aveva voluto esprimere la propria opinione. Quando gli chiedevano se non fosse più felice ora si limitava a rispondere: «Gli asini hanno vita lunga. Nessuno di voi ha visto mai un asino morto».

E gli altri dovevano accontentarsi di questa risposta sibillina.

Abolito l’alzabandiera e annullate le adunate festive, anche i momenti di condivisione delle decisioni erano scomparsi.

Era venuto un tempo in cui nessuno osava esprimere il proprio pensiero, in cui cani feroci e ringhiosi si aggiravano dappertutto.

Nonostante tutto questo, la vita nella fattoria continuava a scorrere.

Al principio di ottobre, quando già il grano era tagliato, ammucchiato e in parte trebbiato, uno stormo di piccioni venne roteando per l’aria e si posò nel cortile della Fattoria degli animali nella più grande eccitazione.

Portava la notizia che la vecchia fontana stava per essere spostata.

Era una voce che gli animali della Fattoria avevano origliato avvicinandosi di nascosto alla Casa colonica; tuttavia stentavano a crederci: la fontana, seppur in mal’arnese, rappresentava un simbolo della Fattoria, posta com’era alla fine del sentiero che conduceva al punto panoramico.

Più che un abbeveratoio, per gli animali della Fattoria, rappresentava un ricordo d’infanzia. Quante volte durante le ricorrenze si erano fermati là nei pressi! I cuccioli amavano giocarci intorno, e quante passeggiate per smaltire il pastone delle feste!.

Inoltre c’era il sospetto che il trasloco della fontana dovesse avvenire per soddisfare le smanie del Padrone ingolosito dalla possibilità di realizzare un nuovo sentiero, tutto in asfalto, dove far passare mezzi grossi e rumorosi, distruggendo per sempre l’antico cammino panoramico.

Il più risoluto fu come al solito il mulo che si introdusse nella casa colonica scalciando il portone con l’intenzione ferma di ottenere spiegazioni .Gli altri animali lo videro scomparire dietro le pesanti imposte. Quindi si udirono ragli e grugniti di risposta. Poi alcune porte sbatterono, quindi non si udì più nulla, fino a quando qualcuno intravide il mulo uscire di corsa dalla porta posteriore trasportando una sacca ben panciuta che immediatamente andò ad occultare nel suo ricovero, tra la paglia.

Un paio di conigli spalleggiati da una cavallina chiesero di parlare col Capo ma le loro istanze furono così discrete che furono respinti col minimo sforzo.

Ci provarono allora quattro indiavolate galline accompagnate da un gallo protettore. Tanto che fecero riuscirono ad intrufolarsi nella Casa colonica ma di loro non si ebbero più notizie. L’ululato dei cani alimentò più di un sospetto che fossero state sbranate senza troppe cerimonie.

Così la protesta degli animali della Fattoria si placò e un soleggiato mattino di novembre i lavori per lo spostamento della fontana iniziarono. Per tranquillizzare la popolazione, i maiali diffusero anche un filmato di propaganda che convinse quasi tutti. Qualche cocciuto che ancora dubitava della bontà dell’opera fu ricondotto sulla “dritta via” con la minaccia di un’immediata riduzione della razione del rancio.

Erano quindi tutti più o meno d’accordo, fino a quando un nuovo animale si introdusse nella famiglia della Fattoria: si trattava del leone da tastiera.


«Ma non è possibile! Non ci possono essere leoni in una fattoria!» gracchiò ruvido il corvo.

Infatti non si trattava di veri leoni con la criniera e la coda ma di una specie animale nata grazie alle nuove tecnologie che avevano oramai raggiunto anche la Fattoria.

Tramite canali fino a quel momento sconosciuti, i leoni da tastiera iniziarono a spargere dei dubbi sulle idee dei maiali. Dalla Casa colonica dapprima provarono ad ignorare i messaggi dei leoni da tastiera, poi per screditarli, iniziarono ad insultarli.

«E’ gente senza coraggio» mandavano a dire ai piccioni e alle pecore. Anche le anatre nello stagno e le galline nel pollaio, ripetevano a memoria:
« …senza coraggio, senza coraggio» .

Tuttavia alcuni tra i cavalli, le vacche, qualche coniglio e persino due anatroccoli presero a parteggiare, seppur clandestinamente, con i leoni da tastiera. Le loro ragioni arrivarono presto a raccogliere gli umori di una nutrita parte della Fattoria.

Siccome il sistema non tollerava nessun tipo di dissenso, i maiali furono costretti a riunire un gran consiglio straordinario per studiare delle contromisure. Si trattava di affrontare un nemico inusuale ed imprevedibile: nessun cane poteva inseguirlo o azzannarlo, né tantomeno lo si poteva ricondurre a miti consigli riducendogli la razione di cibo.  

Ma i maiali erano tanto intelligenti che sapevano superare ogni difficoltà.

Così non tardarono a trovare una contromossa: sarebbe stato sufficiente creare un piccolo esercito di leoni da tastiera per esercitare un’azione uguale e contraria.

«Sceglieremo le nostre pecore più agguerrite e devote e ne faremo leoni da tastiera. Leone da tastiera sbrana leone da tastiera» concluse tronfio il Capo.

E così quando per gli animali della Fattoria venne il momento in cui, passato il primo stordimento, nonostante tutto, nonostante il terrore dei cani, l’abitudine sviluppata durante lunghi anni di non lamentarsi mai di non criticare mai, sentirono la tentazione di pronunciare parole di protesta.

Ma in quell’attimo stesso, come a un segnale dato, tutte le pecore ruppero in un tremendo belato.

E così, in una dimensione isolata e virtuale, iniziò una battaglia feroce dove leoni da tastiera si scannavano tra tesi e antitesi, opinioni e bugie, sospetti e maledizioni.

Il frastuono che si venne a creare, mescolò ogni pensiero in una sola grossa marmellata zoologica finché nessuno fu in grado di riconoscere più chi stava da una parte o dall’altra.

I maiali si ritennero soddisfatti dell’effetto provocato: era persino superiore alle loro aspettative.

Le pecore erano diventate leoni e alcuni leoni, pecore. Galline e oche si trasformarono in asini ostinati, cavalli e muli, smarrito il coraggio, parevan conigli. I corvi ammutolirono mentre, nello stagno, alcuni pesci rossi si misero ad urlare.

La confusione fu talmente tanta che nessuno si accorse che, nel frattempo, la fontana già non c’era più.

(Le parti in corsivo sono tratte da “La fattoria degli animali” – G. Orwell, 1945)

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