JULIA A FERRAGOSTO

autobusNon si può dire se quello fu il giorno più fortunato di tutto il viaggio per Julia, certamente fu una coincidenza curiosa quella che la portò a visitare la costiera il giorno di Ferragosto.

Julia era partita con il treno delle sei, ed era arrivata in città che era ancora presto. Con la sua sacca blu cobalto stretta da un nodo e le sue scarpette di tela bianche, vagava alla ricerca di un albergo e di uno sportello bancomat. Ma quello che più gli interessava era il mare. Voleva vedere il mare.

Franco la trovò così, spaesata, alla fermata degli autobus, solo che era anche sul lato sbagliato. Avesse preso un bus da quel marciapiede sarebbe finita da tutt’altra parte. E poi, a trovarlo un bus per la costa il giorno di Ferragosto !.

Se Franco era in quel punto della città, quel mattino, a quell’ora, era solo per una  casualità. Svegliatosi come al solito prestissimo, aveva deciso di recarsi alla stazione ferroviaria per controllare l’orario di partenza dei treni per il sud.

Capitava che una sua cognata dovesse recarsi al sud proprio in quei giorni e Franco, l’unico parente di primo grado rimasto in città, avrebbe dovuta accompagnarla in stazione.

In genere Franco era solito spostarsi a piedi, ma proprio due giorni prima durante una delle periodiche verifiche alla sua automobile, aveva notato una difficoltà della stessa a mettersi in moto. Effettivamente erano anni che Franco non sostituiva la batteria della sua auto ma in quei giorni non c’era nessun meccanico che gli e l’avrebbe avrebbe potuta sostituire.

Franco oramai quasi non guidava più, faceva solo piccoli tragitti per lo più cittadini, teneva l’auto perché pensava che gli potesse sempre servire per qualche emergenza. Quel giorno l’aveva dunque presa per farla muovere e per evitare che la batteria potesse scaricarsi. Inoltre l’auto era partita a fatica dopo vari tentativi e quindi i suoi timori erano fondati.

Franco era arrivato molto presto in città e subito aveva controllato gli orari: ogni giorno c’erano quattro treni per il sud. Il primo alle 8.40, il secondo alle 10.10. Poi nel pomeriggio alle 15.34 e verso sera alle 18.22. Solo il primo ed il terzo erano treni veloci, gli altri due erano regionali lenti, in compenso erano decisamente più economici. Franco avrebbe dovuto portare con sé qualcosa per segnarsi quegli orari, siccome ne era sprovvisto, rimase davanti alla bacheca alcuni minuti per memorizzare le partenze. Quando uscì nel piazzale il sole era già alto nel cielo, così Franco prima di tornare all’auto, decise di riposare qualche minuto, per questo andò in cerca di una panchina all’ombra.

Julia intanto, ferma sul marciapiede sbagliato, guardava gli orari senza capirci un granché. Franco, la incrociò nel suo campo visivo restando a guardarla qualche minuto perché quella ragazza gli ricordava sua nipote, che era ancora piccola ma quando sarebbe cresciuta, lui ne era sicuro, sarebbe diventata identica a Julia.

Si avvicinò, dunque, per capire se avesse anche gli occhi azzurri di sua nipote oppure no. Ma il riflesso del sole era già forte e non riusciva a capirlo.

Mentre erano là, dritti accanto all’insegna degli orari, Julia ebbe l’idea e la fortuna di chiedere a Franco se poteva consigliargli un albergo in quella zona.

Franco non era un esperto di alberghi, abitava in periferia, si guardò intorno e tutto quello che riuscì a vedere fu l’insegna dell’albergo Italia, un tre stelle di nuova costruzione, con quattro bandiere in cima all’ingresso. Gli indicò allora la sagoma di quel grande edificio rivestito in pietra lucida, che rifletteva sotto il sole quasi come gli occhi di lei.

Julia sorrise, ringraziò con qualche parola di italiano e scattò verso l’albergo Italia. Franco rimase immobile sotto il palo della fermata e il sole a fissare i passi di Julia, stava per allontanarsi ma l’idea partorita dalla sua mente trovò ostruzione nel suo corpo che decise di restare a guardare. Julia sparì nella hall dell’albergo, Franco seguiva i movimenti della porta girevole dalla quale entrarono altre persone. Una signora delle pulizie uscì con dei secchi e le scope. Franco, immobilizzato, non badava più al sole che gli picchiava sulla testa. Passarono tre minuti, forse quattro, la porta girevole si mosse ancora e Julia uscì; portava ancora la sua sacca blu alle spalle e sgambettava rapida con le sue scarpette bianche leggere. Fuori dall’edificio nero Julia tirò dritta verso il marciapiede, quando rivide Franco sorrise.

L’albergo aveva una stanza per lei, non costava tanto, Julia era felice perché aveva trovato un posto per dormire quella notte, ma non aveva ancora risolto il problema del mare.

Franco provò a spiegarle che quella non era la fermata giusta. Poi le disse da dove partivano gli altri bus ma per quanto provava ad usare solo parole semplici, aiutandosi con le mani, gli sembrò terribilmente difficile sotto quel sole. Inoltre si ricordò che quello era un giorno festivo e probabilmente la ragazza non avrebbe trovato un bus immediatamente.

Ci fu un momento di deludente imbarazzo, gli occhi di Julia, con il loro riflesso del sole, sembrarono non sorridere più, Franco dispiaciuto, davanti alla delusione di quella bella ragazza, non voleva arrendersi.

Io vorrei andare al mare” ripetè Julia. Franco riordinò tutte le idee che aveva nella testa. Poi pensò alla sua autovettura parcheggiata cento metri più in là e non sa bene o come fu, mentì: “Però anche io stamattina devo andare al mare. Posso darti un passaggio”.

Veramente ?” chiese Julia che ebbe un esitazione perché non sapeva se fidarsi o no di Franco che conosceva solo da dieci minuti e certamente neanche molto bene.

Si, devo andare anche io al mare a trovare mia figlia che vive in paese”. Si inventò Franco che aveva due figlie ma vivevano entrambe in città.

E così Franco e Julia si incamminarono verso l’auto. Durante il cammino i due si presentarono, Julia disse a Franco dei suoi 23 anni e che aveva studiato gli ultimi sei mesi in Italia, così aveva imparato un po’ la lingua, ma non era stato facile perché lei era svedese, precisamente di un paese a nord di Stoccolma. Franco disse quello che sapeva della Svezia, cioè praticamente niente, poi che lui aveva lavorato per quarant’anni alle poste, anche se non fu sicuro che Julia avesse capito cosa intendesse per “poste”, perché dovette ripetere la parola due volte.

Julia rispondeva sempre uguale alternando i “si” ai “uau”. Franco aggiunse che ora era in pensione e che gli piaceva tanto viaggiare. In realtà Franco non si muoveva più da casa da un sacco di tempo, a vent’anni, subito dopo il diploma era andato a lavorare in Svizzera. Da ingenuo e sognatore pensava che quello fosse solo il suo punto di partenza e da là avrebbe visto il mondo. Invece quello era stato il posto più lontano che aveva visitato. Dopo quel lavoro era tornato a casa. Negli anni era stato solo a Milano, due volte, e a Venezia in viaggio di nozze.

Ma soprattutto erano almeno quindici anni che Franco non guidava su strada extraurbana, che non usciva dal confine della città, che non affrontava le curve e le pendenze della costa.

Arrivati all’auto, Franco fece cenno a Julia di aspettare. Entrò, si sedette con circospezione, sistemò lo specchietto centrale con un movimento di puro nervosismo, infilò la chiave nel quadro e la girò. L’utilitaria coreana di Franco tossì leggermente, con un sussulto fece per accendersi ma poi con un rantolo si spense. Franco immediatamente rigirò la chiave, spense il quadro e poi lo riaccese. Il secondo tentativo fu ancora peggiore del primo, la vettura sembrò quasi non rispondere al comando, ci fu solo un lungo sospiro dopodichè il quadro si spense ancora.

Franco ebbe come un moto di scoramento, un brivido di perlato sudore gli scese giù lungo la curva della schiena. Si voltò verso destra e incrociò lo sguardo di Julia che, sorridente, non aveva ancora capito il dramma della batteria dell’auto di Franco che, rapido, le fece con la mano aperta il segno di aspettare, quindi si adoperò, per finta, di sistemare qualcosa nel cassetto, armeggiò con il cambio e risistemò lo specchietto. Tirò un grande respiro e diede deciso ancora un giro con la chiave d’avvio. L’utilitaria ebbe un sussulto miracoloso. Con un solo grande colpo di tosse il motore partì. Franco accelerò immediatamente a con la frizione giù, si sentì un rombo  come di una formula uno, quindi fece segno a Julia di salire.

E così Franco e Julia partirono.

Lei piazzò la sua borsa blu sulle gambe chiare e sgranò gli occhi verso l’orizzonte. Franco nervosissimo procedette tra i semafori della città e prima di imboccare la statale si incolonnò nelle auto in fila.

Qui c’è un po’ di traffico” disse Franco che da quando era salito in auto non era più riuscito a dir niente, un po’ per l’imbarazzo un po’ perché era troppo preoccupato che l’auto si spegnesse all’improvviso per colpa della batteria.

Julia non si scompose un attimo: a lei il traffico non interessava per nulla. Non aveva fretta e poi a 23 anni il traffico non è un problema.

Quando imboccarono la statale Julia scorse il mare in fondo alla valle ed esclamò: “ecco, il mare, è meraviglioso”.

Franco terrorizzato dall’incrociare un grande autobus in una curva stretta oppure di dover effettuare un sorpasso a qualche ciclista inesperto, guidava nervoso. Quando, dopo qualche chilometro, ebbe a sciogliersi, provò a dire a Julia almeno i nomi dei luoghi che stavano attraversando, aggiungendo qualche nota storica. Quello che si ricordava.

Julia, attenta, non perdeva un istante del panorama e provava a capire le parole di Franco, rispondendo sempre con i suoi “si” e, ora più spesso, con i “uau”.

Quando furono circa a metà del percorso squillò il cellulare di Julia, lei lo estrasse dalla borsa, era un modello vecchio con un display piccolo e antiquato.

Rispose felice. Franco pensò che fosse il suo ragazzo che le chiedeva dove fosse.

Si… Sto andando al mare…. E’ bello qui…. No, stasera dormo in città…. Ho trovato albergo. Ora vado al mare qui….Grazie….Ciao”.

Franco avrebbe voluto chiederle chi fosse stato a chiamarla, se era innamorata e tante altre cose, ma preferì restare concentrato sulla strada, ogni tanto cercava i suoi occhi muovendo i suoi ma senza mai distrarsi dalla strada. Quando ebbero a doppiare il capo, girando l’angolo della costa Franco indicò il paese di destinazione.

Noi andremo là”. Le disse muovendo il mento verso l’alto come a dare la direzione.

uau” disse Julia che non sapeva dove stesse andando, non sapeva cosa l’aspettava e soprattutto non sapeva chi era quel signore che la stava accompagnando. Ma era felice.

Ma se andiamo sempre dritto accanto al mare si va a sud ?” chiese Julia all’improvviso.

Franco esitò un attimo, in realtà la costa andava verso ovest e poi al termine della svoltava proseguiva verso nord. E poi gli sembrò così strano che una ragazza così giovane non avesse un dannato dispositivo collegato ad internet, un gps, una mappa interattiva, qualcosa che gli mostrasse precisamente quel percorso.

No no” riuscì a rispondere solamente Franco, “il sud è dall’altro lato. Ma anche qui c’è il mare, cioè il mare non è solo a sud, il mare può stare dappertutto”.

Il mare può stare dappertutto” ripetè Julia. A Franco sembrò una frase stupida però efficace in quel momento.

però io domani devo andare al sud” cercò di informarsi Julia.

Potresti andarci con il treno” disse Franco che si sentiva preparato sull’argomento.

Si” rispose Julia che non aveva ancora nessuna idea in proposito.

Ce n’è uno alle 8.40 e un altro alle 10.10. Se vuoi partire nel pomeriggio c’è anche un treno alle 15.34, quello delle 18.22 non te lo consiglio perché arriveresti troppo tardi”. Ecco, se li ricordava ancora tutti gli orari.

uau”, rispose ovviamente Julia.

La via scorreva sotto le ruote dell’auto di Franco, Julia, occhi di un colore che ancora non sappiamo, sgranati, non si perdeva un angolo di strada. Franco la scopriva a bocca aperta davanti alla bellezza del paesaggio. E avrebbe voluto fare tante domande ma non aveva tempo di farne neanche una che, voltata una curva, arrivavano nuove case, nuove cose, nuovi paesaggi ancora più belli di quelli di prima.

Franco trovò ancora un po’ di traffico prima di arrivare in paese. Ma era traffico in discesa e la sua auto non rischiò mai di spegnersi.

Quando furono alla rotatoria, proprio in mezzo alla cittadina, Franco inserì la freccia a destra si fermò, un vigile gli fece subito cenno di far presto. Julia chiese se erano arrivati. Franco rispose di si, ma senza parole, solo con un movimento del capo.

Poi scese dall’auto avendo cura di non spegnere il motore. Julia sgambettò fuori.

Franco disse: “siamo arrivati, per andare al mare puoi scendere di là”.

E’ meraviglioso” disse Julia voltandosi appena ma senza perdere di vista Franco; quando lo ebbe a meno di un metro lo abbracciò forte: “Grazie Franco” gli disse.

Stasera puoi tornare in città con il traghetto. Così vedi anche tutta la costa dal mare” le consigliò Franco.

uau” disse Julia e lo abbracciò ancora.

Era Ferragosto. Intorno alla rotatoria giravano senza senso e mèta decine di auto di bagnanti e gitanti meravigliati. Il motore dell’auto di Franco resisteva sul minimo, senza spegnersi, ma lui in quel momento aveva dimenticato tutto: che la batteria fosse quasi scarica, che era Ferragosto e che era la prima volta che usciva dalla città in auto da almeno quindici anni.

Non aveva neanche pensato ad una scusa da inventare ora che sarebbe tornato a casa in ritardo di circa due ore rispetto al solito.

Julia voltò le spalle a Franco e si allontanò con le sue scarpette bianche, Franco rivide l’ingenuità dei suoi vent’anni, e quelli che saranno di sua nipote.

Pensò che la gioventù trova sempre una strada: anche senza soldi e parole, anche senza uno smartphone.

E comunque Julia, ora Franco l’aveva visto bene, aveva gli occhi azzurri.

 

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