SFIDE: L’ARCHITETTO CONTRO L’AVVISO DI GARANZIA

raccomandata-78Oggi se fai l’architetto da libero professionista e non ti sei beccato almeno due o tre avvisi di garanzia, non sei nessuno. Non conviene nemmeno dire in giro che fai l’architetto, perché si rischia di fare una cattiva figura.

Anzi bisognerebbe scriverlo nel codice deontologico che se un architetto non prende almeno un avviso di garanzia ogni due anni, allora deve riconsegnare il timbro. Un po’ come la raccolta dei crediti, se non si riceve un po’ di attenzione dalla magistratura, magari anche con qualche rinvio a giudizio e, se càpita, una condanna a qualche mese di reclusione, allora non è idoneo all’esercizio della professione.

Di questi tempi gli avvisi di garanzia, i processi sostenuti con le eventuali condanne, vanno inseriti nel Curriculum, perché fanno “esperienza”. Gli architetti con avvisi di garanzia a carico si riconoscono subito perché sono quelli più incazzati, conoscono tutte le strettoie della legge e i conseguenti trucchi per aggirarla. Quelli invece senza avvisi, integerrimi e timorati di dio, pure sono facilmente rintracciabili: sono tutti al parco a dare le molliche ai piccioni.

Come molti sanno, l’avviso (o meglio l’informazione) di garanzia viene spedito alla persona sottoposta ad indagini preliminari in quanto si presume abbia infranto delle norme di legge, così come previsto dall’art. 369 del codice di procedura penale. Si spedisce all’indagato in modo che questi possa nominare un avvocato che avrà diritto a partecipare allo svolgimento delle indagini.

Infatti oggi gli architetti hanno tutti un avvocato, prima e meglio ancora che una moglie o un marito, una casa, un auto o un cane.

La sfida è assolutamente impari perché l’architetto prima di combattere contro l’avviso di garanzia, che tanto, prima o poi, puntualmente gli arriverà, deve sconfiggere altri avversari che ne sono tecnicamente i mandanti, o meglio i “generatori”. Il primo è senza dubbio il committente che, spesso d’accordo con il capomastro, dà ordine di eseguire operazioni illecite all’insaputa dell’architetto direttore dei lavori, che se le ritrova fatte e finite davanti agli occhi.

Il secondo generatore di avviso di garanzia è il vicino di casa. Ne esistono di due categorie: il vicino-scrittore ed il vicino-legale. Il primo esegue egli stesso di suo pugno la denuncia alla procura con sfoggio di termini quali “distruzione”, “abbattimento” o “devastazione”, oppure aggettivi come “mostruoso”, “gigantesco” e “pericoloso”. La seconda specie si affida invece alle sapienti gesta di un avvocato che, anche per una semplice sostituzione di pavimento, rintraccerà reati ambientali e paesaggistici per un cumulo di sei ergastoli.

Il terzo “generatore” è la persona fisica che materialmente si reca sui luoghi a controllare che il fatto contestato sia effettivamente un reato. Questo compito in genere viene svolto da un militare, tipo un vigile urbano, due carabinieri (o finanzieri), qualche forestale, un capitano di vascello oppure un geometra dell’ufficio tecnico, tutta gente incline alla condanna preventiva, priva di effettiva dimestichezza con le sezioni longitudinali e piuttosto disabituata a coltivare  dubbi riflessivi.

Ci sarebbe, in qualità di “generatore” principale, anche il GIP, ma si tratta di una figura mitologica, che, di tanto in tanto, sorteggia gli avvisi di garanzia da esaminare propostigli dal PM estraendoli da un enorme catasta, mentre tutti gli altri vengono spediti direttamente a processo.

Per contrastare l’avviso di garanzia, spesso l’architetto è costretto all’espediente della variante in corso d’opera, si tratta di un’altra delle sfide impegnative che l’architetto si trova a fronteggiare, ma della quale ci occuperemo in un’altra puntata di questa rubrica.

Da tutti questi elementi, si comprende bene come quella contro l’avviso di garanzia sia una sfida improba.

Oggi l’architetto solo che esce di casa ha già infranto quattro o cinque norme di legge. Ma può infrangerle anche dal divano del soggiorno, con una telefonata o firmando un qualsiasi innocente documento. A volte l’architetto infrange una norma della quale nessuno conosceva l’esistenza o che si conosceva, ma, prima che venisse infranta dall’architetto, tutti la interpretavano in maniera differente.

L’architetto potrebbe combattere questa sfida affidandosi ad un buon avvocato, uno di quelli che si occupano di grossi processi dalla strage di Erba a salire, legali che solo che tirano fuori la carta intestata dalla borsa in pelle di pitone bisogna dargli dai 2 ai 4000 euro, cifre non sostenibili per il 99,99% degli architetti.

Dunque, si tratterebbe di una sfida persa in partenza, tuttavia la legislazione recente allargando la casistica delle opere ricadenti nella manutenzione ordinaria, quindi senza progetto e direzione dei lavori, sta andando incontro allo sfoltimento dei procedimenti penali a carico degli architetti. Adottando un metodo molto semplice: la sua sparizione.

Se l’architetto non ha più niente da firmare, se non serve a nessuno, in sostanza se scompare e si estingue, è molto probabile che non riceva più il temuto avviso di garanzia.

E, voilà, la sfida è vinta.

Altre sfide per l’architetto (clicca sul link per leggere):

contro la cassetta di scarico del gabinetto

contro il condominio

contro l’unità esterna del condizionatore

contro la carta da parati

contro il tubo della pluviale

contro l’alluminio anodizzato

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