PICCOLO GUELL

C’è un Guell a Vietri sul Mare, in provincia di Salerno, qualcuno (o più di uno) che un bel giorno ha deciso di trasformare un’area al margine della statale, sul declivio che si affaccia sulla spiaggia della Crestarella al confine con Salerno, in un piccolo parco, Guell appunto.

Un omaggio al giardino urbano che il ricco borghese catalano Eusebi Guell, commissionò all’architetto Antoni Gaudì, e che gli eredi, morto il capofamiglia e accantonato il progetto imprenditoriale, donarono alla città di Barcellona che dal 1922, giusto un secolo fa, ne fece un parco pubblico.

In alto a sin. Eusebi Guell (Barcellona 1846-1918) – In basso Antoni Gaudi (Baix Camp 1852- Barcellona 1926). A destra dettaglio di una panca del Parco Guell

Inaugurata nel 2007 (e recentemente ristrutturata) la Villa Comunale di Vietri sul Mare, è un minuscolo tesoro di architettura del paesaggio, tappezzato da migliaia e migliaia di tessere in maiolica, proprio sotto le impassibili vetrate triangolari della ceramica Solimene di Paolo Soleri.

Della visione mistica del maestro modernista, la Villa Comunale costiera, possiede elementi riconoscibili. Tanto che si potrebbero riciclare, con calcolato pudore, le parole che Zevi spese per l’architettura del maestro catalano: “La profusione di ceramiche smalti e mosaici, i collages di rottami nei serpenti nati parapetti-sedili del parco, la policromia che talora impreziosisce fino al grottesco le superfici ed altrove le inguaina di vellutata, sfumante morbidezza (…).*

Niente di dritto né di scontato, come la costa degli Dei. Probabilmente, il devoto Gaudi, autore del famoso aforisma “la retta è la linea degli uomini e la curva è la linea di Dio”, avrebbe apprezzato la discesa, liberatoria, quasi ascetica verso la base del punto panoramico e la sacralità dell’anfiteatro; e benedetto anche l’ascensore dal profilo bellamente anacronistico, più parigino che catalano.  

Per celebrarne lo spazio, lungo i tornanti, incollati ai muri dai bordi sinuosi, poeti locali, allievi del maestro Alfonso Gatto, esaltano i luoghi.

Legge il visitatore. Scatta foto e si guarda intorno, sbalordito.

Gli autoctoni, che di stupore sono sazi, non trascurano un dettaglio, che dettaglio non è affatto, ovvero che la Villa sia pubblica e a disposizione di spettacoli, gratuiti nella maggioranza dei casi. E di questi tempi, non è mica scontato.

Dell’architettura, più di quella delle curve e delle terracotte, vale il suo significato.

Religioso nell’animo ma eretico nella forma, Gaudi fu reietto dalla critica per decenni. Chi lo riabilitò ne riconobbe il genio persino nella misura, perché la distanza tra maniera e manierismo, tra barocco e kitsch, è breve: una folata di vento e ti ritrovi oltre la soglia.

C’è un demone, amante del grottesco, che si insinua tra le matite vietresi, minaccia inevitabile se ti trovi nel paese della ceramica. Assecondato, afolla di riggiole e onde, citazioni e pennellate, ogni parapetto.

Ma della Villa Comunale non ha varcato il cancello.

(* B. Zevi “Storia dell’architettura moderna” VOL.1 – Einaudi, 1950)

(Quest’articolo è stato pubblicato nella rubrica “L’Archritico su Ulisseonline.it)

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