Le cinque leggende metropolitane da sfatare sul rapporto committente-architetto e altro ancora

comprocasaIl moltiplicarsi di programmi tv patinati che raccontano di architetti super-fighi alle prese con ristrutturazioni di case super-fighe sta creando innumerevoli danni nella psiche di un’intera generazione di giovani maturandi che, sulla base di queste fiction televisive, scelgono di intraprendere gli studi per diventare architetto. Tra tutte le ricostruzioni fantasiose, quella che si allontana maggiormente dalla verità è il rapporto tra il committente e l’architetto, narrato sempre come un infinita luna di miele e senza il sottotitolo finale che avverte che tutto ciò è solo il prodotto della fantasia degli autori. Ma ci sono anche altre crude realtà molto differenti dalla finzione televisiva.

 

Ecco le cinque le leggende metropolitane che vanno sfatate prima che sia troppo tardi.

  • Non esistono committenti così ricchi: Queste farse televisive cominciano sempre con un tizio, o, più spesso, con una coppia di tizi che compra un appartamento del valore di circa un milione di euro, con la stessa scioltezza con la quale noi compreremmo un calzone con la scarola. Non si capisce se fanno parte della mafia russa, del narcotraffico colombiano o abbiano custodito capitali evasi in qualche banca caraibica. In ogni caso, nel programma non si parla mai di denaro, niente è troppo costoso e il motivo economico non è mai un fattore. Ovviamente questo nel mondo reale non si verifica mai. In realtà, i committenti esaminano ogni dettaglio economico con assoluta attenzione, a volte i proprietari di casa dopo aver stipulato il rogito sono già alla canna del gas, hanno contratto un mutuo e pensano di ristrutturare un poco per volta, riciclando parte dell’esistente e rinunciando sempre alle idee migliori (che spesso sono le più costose).
  • Non esistono committenti che delegano così tanto: Questi fantasiosi committenti ricchi sfondati, magicamente, decidono di affidare qualsiasi scelta ad un architetto. Dandogli carta non bianca, bianchissima. Non prediligono uno stile, non hanno nessuna esigenza di spazio, non formulano richieste, anzi gli consegnano le chiavi di casa e spariscono per mesi, riapparendo solo a lavori terminati. E’ evidente che questo è assolutamente impossibile. Tutti i committenti pretendono di esaminare qualsiasi scelta dell’architetto al quale fingono di affidarsi ma di cui in realtà si fidano quasi zero. Inoltre il committente ritiene di conoscere qualsiasi tipo di materiale e sa presso chi rivolgersi per comprarlo ad un prezzo di favore. Infine i committenti non sono mai soli in questo complesso lavoro decisionale: hanno mogli, mariti, parenti, amici, amici degli amici, amici degli amici degli amici che conoscono altri amici, che ne sanno sempre più dell’architetto.
  • Non esistono artigiani che vanno così d’accordo: l’architetto fantastico investito di questo potere supremo, che neanche nei suoi migliori sogni sperava di possedere, si mette subito al lavoro e, per accelerare il tutto, convoca sul cantiere diverse squadre di operai alle quali affida diverse mansioni. Questi lavorano anche in 8 contemporaneamente, pure in pochi metri quadri, in un clima di amore e collaborazione. Facile comprendere come questo idillio sia una assoluta utopia. Per un architetto anche solo organizzare due turni successivi è quasi un’impresa. Se poi si azzarda a mettere nella stessa stanza anche un solo elettricista e un unico cartongessista, nel giro di un quarto d’ora potrebbe già capitare una tragedia.
  • Non esistono committenti così soddisfatti a fine lavoro: Alla fine del lavoro, ad appartamento terminato, i committenti di fantasia entrano nella loro nuova casa rimanendo entusiasti. Ogni scelta dell’architetto sembra benedetta dal tocco magico di un artista o di un Santo. Ringraziano ripetutamente, abbracciano l’architetto e giurano che quella era proprio la casa dei loro sogni, così come l’avevano sempre desiderata. Nella realtà non succede mai così: anzi questo tipo di lavori sembrano non terminare mai; verso la fine, dopo aver accumulato mesi di ritardo, il committente comincia a rimproverare l’architetto di aver commesso numerosi errori e di voler correggere nel limite del possibile i più gravi. Quindi minacciano di volersi addirittura liberare della casa e di rivenderla, ma questo solo per denigrare il lavoro dell’architetto sperando di pagarlo di meno o di non pagarlo affatto. Di solito l’architetto patteggia un onorario calmierato.
  • Non esistono architetti così sereni: In queste favolose fiction non si accenna mai a nessun problema di natura burocratica o di contenziosi condominiali, per questo motivo l’architetto è sempre assolutamente sereno, sorridente e ben vestito come se fosse ininterrottamente in ferie o in attesa di ricevere il premio Pritzker. In queste farse, l’architetto, felice, risolve tutti i problemi con un invenzione geniale che tutti approvano con generosi inchini del capo ed espressioni di meraviglia. Quindi sui titoli di coda si allontana su una macchina scoperta o atleticamente a piedi lungo un viale alberato vista mare. Ogni architetto sa invece che ogni rapporto con il committente contiene una dose di stress addizionale rispetto a quella già accumulato per fronteggiare il condominio, l’ufficio tecnico del Comune, i vigili, l’ASL ecc. Non ha macchine scoperte e ride solo se in preda ad una paresi facciale da nevrosi.

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