La classifica delle 12 peggiori paure dell’architetto (prima parte)

le-12-paureDieci anni fa l’architetto si piazzava solo 14° nella classifica dei lavori che causano più paure e preoccupazioni. Lo stesso studio, ripetuto pochi mesi fa, rivela che l’architetto ha scalato la graduatoria ed ora è persino terzo, sul podio, a pari merito con il domatore di leoni e dietro soltanto alla “Testa di cuoio” e all’esecutore degli sfratti. Gli architetti già sanno quanti pericoli e timori abbiano ogni giorno, ma per tutti gli altri, ecco la classifica delle 12 (perché 10 erano troppo poche) peggiori paure che nutre oggi un architetto.

Al 12° posto: La concorrenza sleale: Con l’abolizione dei minimi tariffari, le prestazioni professionali degli architetti si vendono come la frittura di paranza al banco del pesce al mercato. Su internet non è raro imbattersi in offerte come: due SCIA al prezzo di una, APE a 30 euro o annunci tipo: “con il progetto vi sgombriamo anche il sottotetto” oppure “computo metrico con babysitteraggio incluso” ecc. L’ultimo stadio della concorrenza sleale è l’architetto porta a porta che entra in casa con la scusa della scopa elettrica e quando è lì si offre per rimodernarvi l’appartamento.

All’ 11° posto – La tecnologia: Il timore dell’architetto è che, con questa scusa del progresso, prima o poi, per qualsiasi procedura, si renda obbligatorio l’uso di programmi sempre più complicati senza possibilità di scampo per la vecchia generazione. In parte questa cosa già è accaduta (PREGEO, DOCFA, DORI gli architetti conoscono queste sigle, per tutti gli altri: non spaventatevi non sono parolacce) così mentre gli architetti della generazione di mezzo si adeguano con difficoltà, quelli della vecchia si sono quasi tutti arresi. Per fortuna l’arrivo nel mondo del lavoro dei giovani avviene tramite una selezione durissima, oppure così lentamente che quando cominciano a fare gli architetti sono già vecchi anche loro.

Al 10° posto – L’esperto-consulente di famiglia: L’architetto teme questa figura della quale lui ignora sempre l’esistenza ma che permane ai margini di ogni nucleo familiare italiano. Succede quando le cose stanno andando già piuttosto bene e sempre senza preavviso. La sua comparsa è anticipata da un impercettibile movimento del capo del committente come per dire “non sono del tutto convinto…”. Così all’appuntamento successivo compare lui, che può essere un addetto ai lavori oppure uno che non ne capisce niente ma gode sempre di una incomprensibile stima da parte del committente pronto a dargli sempre ragione (e torto all’architetto). In alternativa può palesarsi la figura dell’arredatore, il classico quasi-architetto che ha mollato a due esami dalla laurea o un accademico delle belle arti esperto in assonometrie a mano libera, acquarellista e/o pastellista a cera: temibilissimo.

Al 9° posto – La variante in corso d’opera: L’architetto teme molto i cambi d’idea, ma anche gli imprevisti, le novità, gli ostacoli e tutto quello che lo costringe a mettere mano di nuovo alle sue intenzioni e a dover, coattivamente, effettuare una modifica al progetto. A volte, l’architetto, pur di non fare una variante in corso d’opera venderebbe un rene alla borsa nera della sanità rumena; questo perché già sa che puntualmente sarà costretto, prima a dare mille spiegazioni, poi a riprendere tra le mani materiale archiviato e a rifare quasi tutto daccapo e di conseguenza perdere moltissimo tempo, il tutto probabilmente gratis.

All’8° posto – Il fisco: Innanzitutto va sfatato un mito: gli architetti non sono geneticamente degli evasori. Non hanno la predisposizione naturale all’occultamento dei capitali ma soprattutto non hanno la sufficiente preparazione teorica in quanto l’unico esame con argomenti di economia che sostengono è quello di estimo, che storicamente è l’ultimo dei quaranta e, quindi, si studia velocemente e male, anche meno del manuale della scuola guida. Per questo motivo dietro ogni fattura, ogni sgravio, ogni esenzione iva, ritenuta d’acconto o rimborso spese, l’architetto intravede l’incubo della busta celeste di Equitalia nella cassetta delle lettere.

Al 7° posto: Il Catasto: Una grande, storica lacuna degli architetti è il mondo del catasto. A tal proposito voglio suggerire al ministro dell’università di inserire l’esame di catasto per gli architetti. Anzi, uno non è sufficiente: io farei almeno catasto 1, catasto 2, teoria e tecnica del catasto e laboratorio di catasto con prove pratiche con relative umiliazioni da ricevere a turno: dal geometra sessantenne, dallo sportellista arrogante delle visure e dall’usciere metà uomo e metà sedia. In assenza di tutto questo, l’architetto, spaventato, continuerà a tremare alla vista anche solo dell’insegna del Catasto.

(continua…)

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