LA CASA NELLA CURVA PIU’ STRETTA DEL MONDO

finestra sulla curvaViveva da sempre in quella casa, costruita proprio nella curva. Ma non era una curva come tutte le altre: era la curva più stretta dell’intera costa. Forse del mondo.

Quella casa l’aveva costruita suo padre, dove allora la strada in terra battuta faceva una torsione improvvisa, sul quel terreno bruscamente irregolare così scomodo da recintare. Lo decise all’improvviso: tirò via tutta la terra e dentro un grande solco, appena trovò della roccia, piantò le fondazioni di quella casa. Una piccola casa a due livelli, costruita a pietre e calce, la cucina al piano terra e le camere sopra. Poi proprio sullo spigolo di una camera da letto ci piazzò una finestra, perché da quel punto si vedeva la costa da entrambi i lati, il sole nascere e morire dietro le altre case sulla collina.

Così era nata quella casa, nella curva; così stretta che al di qua e al di là da quella, il mondo sembrava diverso. Da una parte si poteva essere felici e dall’altro tristi, malinconici od ottimisti, da un lato si potevano coltivare certezze incrollabili e dall’altro nutrire dubbi atroci. Una curva tanto stretta da non essere mai banale. Lei raccontava che da quella finestra, fin da quando era piccola, amava guardare il mare e a volte da una parte c’era burrasca e dall’altra era una tavola piatta. Da dentro non sentiva mai un solo rumore che non fosse quello del vento, o degli uccelli. E il papà che aveva conosciuto la guerra, le sirene degli allarmi per i bombardamenti e il chiasso dei cingolati, ne era orgoglioso, perché aveva capito il valore del silenzio.

Lei da quando era nata non si era mai mossa da quella casa. Divenne adulta. Persino i suoi figli nacquero là, alla prima occasione gli aveva raccontato la storia del nonno. Ma mentre i bambini erano diventati grandi, la strada erano diventata troppo piccola; le auto si erano moltiplicate e nella casa in curva bisognava tenere spesso la finestra chiusa per non sentire il puzzo della benzina. La Domenica, poi, era un inferno. La colonna di auto e bus si perdeva lontano nell’orizzonte, tutti restavano fermi incolonnati, si sentivano i clacson e le sirene delle ambulanze che suonavano per ore, immobili. Bisognava trovare una soluzione.

Un giorno ricevette visite importanti: il sindaco, con un altro politico famoso vestito bene e poi c’erano anche due ingegneri. Parlarono a lungo, un discorso interminabile pieno di avverbi e tecnicismi; ad un certo punto il sindaco parlò di togliere un pezzo della casa, anzi tutta, perché bisognava allargare la curva.

La sua casa restringe troppo la strada, gli autobus non riescono a passare. Ha visto quanto è stretta la curva ?” le chiese. Ma lei non si scosse di un millimetro.

Se lei demolisce questa casa, noi in cambio le potremo dare un’altra casa ed anche un garage” promise il sindaco.

A me questa casa piace ed il garage non mi serve. Non ho neanche l’auto”. rispose lei.

Il sindaco, proprietario di tre alberghi, la incalzò: “il turismo è importante per tutta la nostra terra e questa curva ostacola il passaggio dei pullman

Se il turismo è davvero importante”, disse lei, “costruisca un depuratore: non lo vede il mare quanto è sporco ? Non ci va mai al mare lei ?”.

La sua casa non è a norma antisismica” irruppe l’ingegnere più giovane, “certamente non ha il certificato di idoneità. Basta un terremoto e viene giù tutto !“.

La mia casa non ha il certificato, ma ha già sentito molti terremoti e non ha una crepa” rispose lei. “Lo vede quell’edificio là in fondo ?” e mentre diceva queste parole indicava un punto lontano, oltre la finestra. “E’ tutto in cemento armato, lo avranno costruito negli anni ’70. Aveva anche il certificato, ma dopo l’ultima scossa hanno dovuto sgombrarlo

Allora l’altro ingegnere intervenne e disse che non era necessario demolire la casa ma bastava spostarla più indietro di un paio di metri, proprio dove c’era l’orto. Lei pensò al padre e ad ogni singola pietra di quelle fondazioni (ma anche ai pomodori nell’orto). Ora questo ingegnere voleva spostarle due metri indietro, come fosse una roulotte. Lo guardò dritto negli occhi e non lo prese sul serio. Nel frattempo pensò, che di tanto in tanto, ritornano. Quelli che parlano tanto di democrazia ed intanto ce l’hanno a spregio. Che vorrebbero il cammino sempre dritto, che pensano di raddrizzare le curve e spianare le montagne. Che non hanno mai un dubbio: usano la ruspa, mandano gli avvocati, trivellano il mare, coprono i fiumi e cementano i parchi.

Le daremo anche dei soldi in cambio” disse il politico importante vestito bene (tanto non erano soldi suoi).

A lei queste non sembravano soluzioni, ma solo un modo per far passare ancora più auto. Che avrebbero fatto ancora più rumore: “Ridatemi il silenzio, piuttosto”. Non se ne fece nulla. Misero un semaforo, dissero provvisorio, rimase anni; ma non servi a niente.

Intanto le auto non si bloccavano solo nella curva più stretta del mondo, ma anche nelle altre curve, ma anche nelle mezze curve, persino sui pochi rettilinei.

Un giorno lei lesse sul giornale che finalmente il problema delle auto ferme sulla strada sarebbe stato risolto, un grande tunnel avrebbe incanalato tutte le auto sotto la collina e la strada sarebbe stata di nuovo libera; si trattava di un’opera maestosa ed importante, incredibile solo a pensarla, tutte le volte che c’erano delle elezioni le promesse aumentavano e diventavano più grandi. I figli non credettero a queste promesse e andarono a vivere altrove. “Mamma vieni con noi” disse il maggiore, non puoi restare sola qui, se hai bisogno di un medico non riuscirà mai ad arrivare in tempo. Lei guardò il lato ottimista del panorama e scelse di restare. Loro invece partirono, lei non li trattenne: scelsero di vivere su lunghi rettilinei. In città, comodi, con gli infissi a tripli vetri, che ben chiusi non si sentiva nessun rumore. O in campagna lungo una via dritta, deserta, banalmente uguale.

Alle telefonate dei figli lei rispose una volta sola, con una cartolina. Ci scrisse su: “La vita non è un rettilineo; è un continuo svoltare, rallentare e ripartire, la vita è una finestra con un panorama da osservare da più punti di vista. Una curva stretta da percorrere piano”. E non esistono certificati di stabilità (questo non lo scrisse, ma lo pensò).

Non si mosse mai da là, aspettando che tornasse il silenzio.

I turisti aumentarono di numero e cilindrata, qualcuno ne fu contento. Più aumentavano i parcheggi, più cresceva il traffico e da dietro i vetri non si vedeva neanche più il cielo, solo una nuvola di grigio fumo.

Finché un giorno la trovarono sfinita accanto alla finestra; l’ambulanza non fece in tempo ad arrivare. Era Domenica.

TWITTER: @chrideiuliis

 

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1 Comment LA CASA NELLA CURVA PIU’ STRETTA DEL MONDO

  1. Concetta 21 Aprile 2016 at 09:29

    Bella storia, ma e’ a Minori? geologo Concetta Buonocore

    Reply

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