BULLONI

bulloniIl mio amico Adriano è senza dubbio il massimo esperto di bulloni, viti e filettatura al mondo. La sua azienda produce giunzioni metalliche e lui si occupa della produzione e delle spedizioni, da ben ventidue anni.

“Non solo bulloni” mi ha spiegato molte volte. “Anche rondelle, viti, dadi, brugole …”.

Infatti la ditta si chiama proprio così: “Non solo bulloni”. Ma per me sempre di bulloni si tratta.

Adriano conosce perfettamente tutti i tipi di filettatura esistenti. Sembra una stupidaggine, ma esistono molti tipi di filettatura, quasi tutti con nomi complicati. La maggior parte delle persone di questo mondo non solo ne ignora il nome ma persino l’esistenza.

Qualche volta Adriano ha provato a spiegarmi quanti tipi di filettatura esistono e le caratteristiche di alcune di queste. Ma non è un argomento facile. Difficilmente in società si parla di filettatura di viti. A volte ho pensato che se Adriano si occupasse ad esempio di scarpe, sarebbe più semplice intavolare una discussione, specie con delle signore, ma sinceramente con la filettatura è molto complesso.

Forse anche per questo motivo Adriano vive da solo, in un piccolo appartamento al quarto piano di un condominio popolare. In due stanze più i servizi, con cataloghi di ferramenta ammucchiati sul pavimento e campionature di viti sparse sulle mensole del soggiorno, sul tavolo della cucina e persino sul comodino in camera da letto.

Io stesso, in tanti anni, non ho mai avuto bisogno di nessuna consulenza professionale di Adriano. Questo a testimonianza quanto sia davvero raro avere a che fare con l’argomento “filettatura”. Di questo, però, non ho mai parlato con Adriano. Secondo lui i bulloni sono una sorta di metafora della vita, le cose devono avere una loro filettatura, un passo e una dimensione adatta per agganciarsi tra di loro ma anche per separarsi facilmente e al momento giusto.

“Ogni vite deve trovare il suo dado”, mi diceva quando bisognava risolvere un problema.

E’ una metafora un po’ ardita, lo so.

Quando Adriano fu assunto in azienda era molto felice del suo lavoro. In quegli anni la ferramenta fatturava grandi cifre, la piccola industria siderurgica italiana era leader incontrastata.

“Da quando sono arrivati i cinesi” mi disse un giorno Adriano, “abbiamo avuto un crollo delle vendite. Eppure le nostre viti sono senza dubbio le migliori”. Ci eravamo incontrati per caso al supermercato. “Guarda” mi disse estraendo dalla tasca una vite di circa 10 centimetri di lunghezza. “Guarda la filettatura come è ben definita. Questa vite può essere utilizzata un milione di volte”. Adriano odia i cinesi.

L’ultima donna con la quale il mio amico Adriano ha avuto una relazione si chiamava Ramona, era di origini rumene, ma parlava perfettamente l’italiano. Si erano conosciuti in azienda. Il padre di Ramona possedeva una catena di grandi magazzini a Bucarest, i famosi “Cioran”, dal cognome del proprietario, con reparti di ferramenta molto ben forniti. Per anni il negozio del padre di Ramona si è rifornito dall’azienda dove lavorava Adriano. Il signor Cioran venne anche in Italia a conoscerlo. Andarono a cena insieme, tutti e tre. Adriano mi raccontò l’episodio con grande entusiasmo. Era la prima volta che poteva parlare di bulloni e filettatura tutta la serata, con un vero esperto del settore poi, coinvolgendo anche Ramona che doveva tradurre a beneficio di entrambi. Non avevo mai visto così felice Adriano, in quel frangente mi confidò persino che forse Ramona era la donna della sua vita.

Proprio Adriano che non si era mai fidato delle donne. Mi sembrò una svolta sorprendente della sua vita.

Credo fossero in procinto di andare a vivere insieme, quando Ramona non si fece più vedere. Adriano la cercò per molti giorni, finché scoprì che il padre aveva deciso di non comprare più i bulloni dalla sua azienda, ma da un ingrosso fuori città gestito da un cinese. Ramona lo frequentava, clandestinamente, già da qualche mese, ma non aveva il coraggio di dirlo ad Adriano. Forse erano addirittura in società.

Ecco un altro motivo per cui Adriano odia i cinesi. Ed anche un po’ i rumeni.

Per consolarlo gli dissi che probabilmente Ramona non era la vite giusta per il suo dado, o viceversa. Che a volte la filettatura pare quella giusta, ma non lo è. Non funzionò.

Fu in quel periodo che gli consigliai di “farsi” un cane.

“Prendi un cane con te” gli dissi “ Ti aiuterà a distrarti. Il lavoro non può essere l’unico scopo della tua vita”.

Sorprendentemente Adriano mi diede retta.

Al canile scelse un piccolo border collie. Lo chiamò “Tassello”.

Adriano e Tassello andavamo d’accordo, a sera dopo il lavoro camminavano insieme, fianco a fianco, percorrendo tutto il periplo del quartiere. Adriano conobbe altri proprietari di cani, persino alcune donne. Le cose sembravano procedere perfettamente finché, dopo una settimana, Tassello ingoiò una decina di bulloni, dal pavimento del soggiorno, scambiandoli per croccantini. La corsa disperata di Adriano dal veterinario salvò l’animale, ma tenere Tassello in casa era troppo pericoloso. Adriano doveva scegliere tra il cane e i bulloni, così riportò Tassello al canile.

Per un periodo lo incontravo spesso al bar, mentre leggeva la pagina economica di un quotidiano.

“Non si può andare avanti così !” mi diceva, “le tasse sul lavoro continuano a crescere”. mostrandomi un grafico dove una retta su un piano cartesiano continuava ad andare verso l’alto. “Di questo passo saremo costretti a chiudere”.

Tutte le volte che incontravo Adriano provavo a convincerlo a trovarsi un hobby per distrarsi dal lavoro. Tipo uno sport. Una volta sono riuscito a portarlo con me: siamo andati al parco per correre cinque chilometri. Prima di iniziare, abbiamo deciso di fare qualche esercizio di streching poggiandoci alla ringhiera. Facendo leva sulle braccia per tendere i muscoli dei polpacci sentivamo che il passamano si muoveva leggermente: il nostro peso lo spostava verso il basso. Adriano allora ha iniziato ad esaminare tutte le bullonature, trovandone almeno la metà lente. Alcune erano ossidate, altre solo maldestramente strette. Mentre completavo gli esercizi, l’ho visto che si allontanava. Dopo qualche minuto, Adriano ed un uomo di mezz’età, che doveva essere il custode, sono tornati. Adriano gli ha fatto vedere il problema, il custode ne ha approfittato per mostrargli altre balaustre. Sono stati in giro ad esaminare bulloni per circa quaranta minuti.

Poi si è fatto buio e non abbiamo più corso.

Ogni tanto io ed il mio amico Adriano andiamo all’Ikea. Anche se non compriamo nulla: so che gli piace camminare tra i reparti. La sua speranza è quella di trovare qualche inserviente che sta allestendo un nuovo reparto, così lui può fermarsi a guardare. Dare consigli se serve. Una volta, mi ha detto, scrisse una e-mail al proprietario dell’Ikea per fargli notare come il sistema di fissaggio delle ante di un armadio fosse perfezionabile, ma non ha mai avuto risposta. Prima di uscire, dopo le casse, Adriano si ferma sempre a guardare lo spazio dove ci sono tutti i bulloni di ricambio. Le decine di cassetti trasparenti che li contengono, come un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria, rimane alcuni minuti in contemplazione. A volte sembra che preghi.

Ultimamente l’ho trovato molto nervoso. Al supermercato mi ha parlato dell’introduzione dei dazi e delle problematiche legate all’export verso gli Stati Uniti. Poi mi ha anche detto che i coreani hanno introdotto sul mercato un nuovo tipo di filettatura che sostituirà quella standard con un passo inferiore, quindi sarà molto più precisa. Era molto preoccupato, parlava ancora da solo quando l’ho salutato nel parcheggio.

Ieri mattina ho visto Adriano seduto su una panchina del parco. Fissava un piccione che gli beccava tra i piedi. Piangeva.

Appena mi ha scorto, da lontano, ha estratto dalla tasca un foglio.

“I cinesi hanno comprato l’azienda. Non hanno più bisogno di me. Questa è la mia lettera di licenziamento”.

“Mi dispiace”.

“Non esiste nessuno al mondo che conosce il mondo dei bulloni come me”

“Non solo bulloni” gli ho risposto.

Sventolava quella lettera davanti ai miei occhi come gli emigranti agitavano il fazzoletto bianco dai ponti delle navi in partenza.

Non credo avesse avuto la forza di leggerla fino in fondo.

Non gli dissi che era firmata Ramona Cioran.

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