L’IMMUNITA’ CEREBRALE

Se la politica (con la “p” minuscola) attraversa una grave crisi di credibilità, i motivi sono molteplici. Non ultimo la pessima qualità dei politici stessi, per i quali non vige più nessun criterio di selezione.

Questo già prima del noto “uno vale uno” che in sostanza ha solo ratificato un modello in voga da anni, dove l’auspicata “democrazia partecipata” rimane solo una romantica formula letteraria. L’attribuzione, ad esempio, di straordinari poteri ai sindaci è un modo per squalificare il rapporto con i cittadini a cui sostanzialmente si chiede, ogni cinque anni, di firmare una cambiale in bianco, pure per ogni loro, eventuale, malefatta.

A programmi elettorali vagamente ambiziosi, si contrappongono scelte argutamente dettagliate, sostenute con irridente caparbia.

Decisioni, anche illiberali, assunte senza nessuna possibilità di dibattito, all’interno di stanze chiuse, alla presenza di “yes man”, scelti appositamente tra quelli poco attrezzati e inclini a svolgere qualsiasi attività di verifica e critica.

Certo, è questa la regola della democrazia “che resta il miglior sistema di governo peccato che votino tutti” come disse qualcuno, ma ciò non basta a bonificarla da un deficit intellettuale del quale sono responsabili non solo gli attori politici, ma anche gli elettori che, sempre più spesso, si svestono dai panni di controllori per indossare quelli, più comodi, di tifosi; talvolta di assistiti.

Eppure è altrettanto chiaro come il voto popolare non sia quasi mai espressione del merito. Anzi (e da qui il crollo della credibilità) in molti casi i sindaci hanno la sola dote di coltivare, con maggiore determinazione rispetto ad altri, ambizioni o interessi personali, carrierismo, gloria spicciola, popolarità. Spendendosi ben poco per il bene collettivo.

Dimenticando che, in taluni casi, siano persino stati eletti per assenza di antagonisti.

Un isolamento che è alla base di una sorta di immunità cerebrale della quale ritengono di godere. E che supportano distillando mera propaganda utile per assicurarsi il supporto della massa acritica.

Ma come è possibile, alcuni si chiedono, che i cittadini possano accettare profonde ingiustizie ed incomprensibili risoluzioni prese in assoluta autorità, senza alcun confronto, che andranno ad incidere decisamente sulla vita di tutti?.

E’ concepibile ricevere un mandato di amministratore e poi, viceversa, ergersi a padrone della roba degli altri?.

Questo discorso di carattere generale sembra calarsi anche su una delle vicende locali della costa d’Amalfi.

Il proposito di fare una galleria tra i paesi di Maiori e Minori è un progetto (presentato nel 2016) che non era presente nei programmi dei rispettivi schieramenti eletti.

Non è stato sottoposto a nessun consenso elettorale, né ad un dibattito pubblico, non è supportato da nessuna indagine sul rapporto costo-benefici, non ha ricevuto il supporto di nessuna autorità culturale o scientifica.

Finora si configura solo come un enorme impianto pericolosamente speculativo, architettato di nascosto e svelato quasi per sbaglio a piccole dosi, come il piano di una rapina, che nonostante i malumori, l’avversione e il raccapriccio del buon senso, prosegue.

Senza scomodare paragoni impossibili, ma senza temere il giudizio di nessuno, credo che sia questo il caso ed il momento di ricordare Erri De Luca quando dichiarò che fosse giusto sabotare la linea ferroviaria dell’alta velocità Torino-Lione, in val di Susa (detta “TAV”).

Per queste parole, lo scrittore napoletano, ha subito un processo dal quale è uscito incolume.

Perché “sabotare” pur essendo un verbo potente, non indica necessariamente azioni violente: le parole non si processano. E non esiste nessuna immunità cerebrale che possa intimorire o imporre un pensiero unico, almeno finché non saremo in una dittatura.

L’opera denominata “Variante in galleria sulla S.S. 163 tra Minori e Maiori” va sabotata.

Impedire che venga realizzata.

Possiamo farlo democraticamente, con la forza dei nostri pensieri, l’energia delle nostre parole, gli argomenti della nostra scrittura e, infine, in cabina elettorale.

Fermare il tentativo di un pugno di sconsiderati di perpetrare la distruzione del nostro territorio. E non solo nel caso di quest’opera, ma in ogni circostanza in cui sindaci, o simili, proveranno ad appropriarsi delle cose di tutti.

E’ l’unica arma che ci resta a disposizione.

Ma è formidabile.

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