Le 10 cose alle quali gli architetti credono ancora (seconda parte)

immagine per articoloContinua la panoramica sulle 10 cose alle quali molti architetti si ostinano a credere. Nella prima parte abbiamo parlato dei concorsi, della capacità di comprensione dei capomasti, della pensione, dell’etica professionale e delle riunioni di lavoro. Di seguito i restanti cinque punti. Alla fine un breve test misurerà il grado di ingenuità dell’architetto.

6)   All’ordine professionale – La prima volta che un neo architetto si reca all’ordine degli architetti viene accolto con grandi sorrisi, strette di mano, pacche sulle spalle e auguri calorosissimi. A volte si tira fuori dal cassetto della scrivania anche la guantiera con le paste secche, in realtà secchissime, quasi di cartone, perché sono là da mesi. Già questa accoglienza dovrebbe suggerire al neo architetto una certa diffidenza verso l’ordine. Questa scena di giubilo, di solito, avviene quando si va a ritirare il timbro, che l’ordine regala. “Regalare”: ecco un altro indizio per diffidare subito di quel luogo. Uscito dall’ordine il neo architetto pensa di aver trovato un posto pieno di amici, collaboratori, complici e soci. In realtà, messo piede fuori dalla porta, l’ordine lo richiamerà solo per il versamento annuale, le votazioni, convegni  di dubbia autorevolezza e corsi di aggiornamenti con iscrizione a pagamento (di cui al punto successivo).

7)   Ai corsi di aggiornamento – I corsi di aggiornamento per i professionisti si dividono in due grandi categorie: quelli obbligatori per svolgere un certo incarico e quelli facoltativi. I primi sono sempre a pagamento, i secondi a volte anche gratis. Dei secondi è inutile occuparsi, se disertarli non impedisce nulla, nessuno li frequenterà. I corsi di aggiornamento obbligatori, viceversa, a volte sono persino affollati, durano una quantità di ore assolutamente sproporzionata e si tengono in lussuose sale congressi di alberghi disabitati, in orari improponibili, quali, ad esempio, quelli del dopopranzo. Ai corsi di aggiornamento di solito non si impara niente, lo sanno già tutti, persino gli insegnanti che impiegano nelle lezioni quantità irrisorie di energia, mostrando slide di scadente qualità e guardando ripetutamente l’orologio. Dato l’orario, ai corsi di aggiornamento, il 50% dei presenti dorme, o comunque se non dorme, si riposa. Un altro 25% va in bagno e torna dopo 2 ore. L’altro  25% è rappresentato dagli organizzatori che dormirebbero o andrebbero volentieri in bagno anche loro, ma non possono. In compenso ai corsi di aggiornamento si fanno sempre nuove amicizie e da queste, si apprendono molte più cose di quanto si possa immaginare. Infatti, alla fine del corso di aggiornamento, l’unica cosa che si è aggiornata davvero è la rubrica telefonica.

8)         Alla cultura del progetto – Su questo punto potrei scrivere molte cose, fare citazioni importanti e sollevare problemi di grande importanza. Ma sarebbe inutile. Quindi per far meglio intendere l’importanza che assume la cultura nello sviluppo di un qualsiasi progetto, posso citare quello che mi ha detto l’altroieri un mio cliente al telefono, quando gli ho parlato un pò dell’impegno e dei costi legati alla progettazione e alla direzione dei lavori. “Architè” mi ha detto, “ma voi dovete solo presentare le carte, la direzione non la dovete nemmeno calcolare, tanto s’a verè o’mast, voi che ci venite a fare sul cantiere ?”. Ho finito.

9)        Alle promesse dei sindaci – Le promesse che i sindaci fanno agli architetti seguono una funzione periodica con periodo pari a 5 anni. Aumentano di intensità e numero con l’approssimarsi della scadenza elettorale e diminuiscono con il suo allontanarsi fino a raggiungere anche il valore nullo. Per chi mastica un po’ di trigonometria, questo tipo di funzione detta “della speranza” è del tutto simile a quella rappresentata dalla formula x=[tgα]; dove x è la speranza dell’architetto che cresce in relazione alle rassicurazioni/promesse ricevute (tangente di α in valore assoluto). Si veda figura.

funziona

L’architetto può naturalmente credere a questo tipo di sollecitazioni in occasione di nuove figure politiche che si propongono al primo mandato, quindi può ricadere nel tranello una seconda volta se sufficientemente disperato e particolarmente condizionabile, dopodiché smette di crederci ma non essendo previsto il terzo mandato sindacale è inevitabile che rischierà di credere al sindaco successivo e via di seguito fino al raggiungimento dell’età della demenza. Bisogna considerare inoltre che dato l’elevato numero degli architetti in cerca di incarichi pubblici, ogni sindaco può continuare a promettere qualsiasi cosa ad ogni tornata elettorale senza timore di restare senza un suo pubblico personale.

 

10)    Alle prospettive dei render – Le simulazioni foto realistiche, sono state inventate da quelli della soprintendenza che siccome non capivano i progetti nei loro canonici modi di rappresentazione (pianta, prospetti e sezioni) hanno reso obbligatori i render con grande gioia anche delle commissioni edilizie, dove di solito l’unico geometra del gruppo perdeva ore a cercare di spiegare un progetto a tutti gli altri e le sedute erano lentissime. L’invenzione dei render ha reso felici anche i politici che possono indire grandi conferenze stampa e mostrare queste immagini meravigliose, spacciando qualsiasi zozzeria per un’opera meravigliosa. Di solito per confezionare un render il più possibile affascinante si scelgono delle viste assolutamente irreali, tipo quella aerea, quella a livello del pavimento o a 2 metri e quaranta dal pavimento, in condizioni di luce che non si verificheranno mai nei successivi 160 anni. In realtà la gran parte degli addetti ai lavori sa che di realistico nei render c’è solo la grande quantità di tempo ed energia che ci vuole per confezionarli. Per fortuna, in genere, dal momento dell’esposizione dei render a quello della conclusione dei lavori sarà trascorso talmente tanto tempo che nessuno se li ricorderà più.

Verifica del grado di ingenuità:

L’architetto si attribuisca un punto per ogni cosa alla quale crede e controlli il suo profilo.

Se l’architetto ha totalizzato:

da 0 a 3 punti : REALISTA – Considerato che ad alcune di queste cose, pur non credendoci, si può almeno sperare per ragioni di sopravvivenza, questo è il punteggio che ogni architetto dovrebbe totalizzare in condizioni  di normale lucidità mentale. Di solito non si nasce realisti, ma la predisposizione si manifesta già negli anni dello studio e matura definitivamente negli anni dello sfruttamento post-laurea.

Da 3 a 6 punti: DISILLUSO – Valutando una serie di attenuanti, storie personali difficili, incontri ravvicinati marziani e provvisori momenti di appannamento della ragione, si può accogliere con benevolenza, nella categoria dei “normali” anche un architetto che rientra in questo grado di ingenuità. In genere si tratta di architetti che si aggrappano a queste credenze in modo disperato, abbandonandole cambierebbero lavoro.

Da 6 a 9 punti: SOGNATORE – Un architetto che raggiunge un punteggio così alto del grado di ingenuità è solitamente un professionista che frequenta ambienti intrisi di grande passione ideologica in genere extraparlamentare o, viceversa, circuiti politici filo-governativi ben inseriti nelle alte sfere del potere. Si può dunque trattare di ingenuità interessata, lucida e razionale; il caso contrario, cioè l’ingenuità gratuita può solo essere la conseguenza di un generoso consumo di sostanze psicotrope.

10 punti: UTOPICO – Scusa, a che ora è, sabato prossimo la tua festa di laurea ?

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1 Comment Le 10 cose alle quali gli architetti credono ancora (seconda parte)

  1. Rem 18 Gennaio 2014 at 00:14

    Per la “funzione della speranza” dovrebbero darti il nobel!

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