L’ARTE DI IMPOSSESSARSI DELLE COSE DEGLI ALTRI (DI TUTTI GLI ALTRI)

senza-titoloMio cugino, l’altro giorno, ha quasi assistito ad un incidente stradale. Si è fermato e stava chiamando il 118, quando è arrivata l’ambulanza. Il ferito dalla barella non smetteva di ringraziarlo. Mio cugino però glielo ha detto: “scusi, ma non deve ringraziarmi, non l’ho chiamata io l’ambulanza, sarà stato qualcun altro che è passato prima di me”.

Mio cugino poteva prendersi quella lode, ma non ce l’ha fatta: è un anacronista senza’arte. Perché oggi rubare le cose degli altri, impossessarsene per il proprio vantaggio è diventata una consuetudine. E non parlo solo di cose immateriali, come le idee, le parole e i meriti, ma pure di oggetti e soprattutto di spazio fisico, magari per guadagnarne denaro. E’ la figura moderna dell’”impossessatore”.

Quella dell’impossessatore non è solo una pratica professionale, ma è un’arte. Prevede certamente talento, ma anche preparazione, tenacia, arroganza, furbizia e maleducazione quanto basta. Inoltre prendere possesso delle cose degli altri è una disciplina dove la variabile tempo è fondamentale. L’impossessatore può agire rapidamente, dalla sera alla mattina, con un blitz e allora si parlerà più comunemente di furto, oppure avviarsi su un percorso lento, un centimetro per volta, passo dopo passo, che lo porterà a sottrarre le robe per sfinimento, a volte persino con il puntello della legge. Un mio amico mi ha raccontato che il suo vicino di casa ha avuto la costanza di parcheggiare per quindici anni sempre in un angolo del cortile, prima ha disegnato le strisce per terra, poi ha messo un birillo di plastica, infine due paletti con la catena. Alla fine il condominio glielo ha riconosciuto come posto auto di sua proprietà. Un vero artista della tenacia e dell’accuratezza.

L’impossessatore può dirigere la propria attenzione su beni privati o pubblici. Impossessarsi di un bene privato è più complicato: c’è maggiore sorveglianza e c’è bisogno di molta distrazione da parte del legittimo proprietario. Per questo motivo l’impossessatore contemporaneo si è specializzato sul bene pubblico, che è di “altri”, ma essendo di “tutti gli altri” non è di qualcuno in particolare e quindi è più vulnerabile.

Per difendersi dall’impossessatore bisogna innanzitutto imparare a riconoscerlo.

Spesso si distingue dal look: veste bene, camicia e occhiali scuri, impugna un costoso smartphone che usa con maestria. Sorride moltissimo, stringe forte le mani, discute solo di cose che conosce ma parla poco e facile e solo al presente per non rischiare l’effetto “se sarebbe”. Conosce i politici e ha molti amici e, si sa, ogni amico è un voto. E’ sempre disponibile, ha tempo, molto tempo, e può usarlo per fare un sacco di cose che altri non hanno il tempo di fare. E infatti le fa lui, è sempre in giro, si sposta, viaggia, muove persone e cose. Quindi aiuta molta gente. Ad alcuni riesce persino a dare un lavoro. Non è solo un’artista, ma anche un benefattore, forse addirittura un Santo. Se ne è capace, l’impossessatore ricorre ad un altro talento, quello politico ad esempio. Si fa eleggere e da quel momento in poi diventa egli stesso controllore del bene pubblico e quindi teoricamente se ne è già impossessato; altre volte non serve che il politico sia egli stesso l’impossessatore, può esserlo anche per procura. L’importante è che il controllore ed il controllato siano le braccia di uno stesso corpo. Un’unica entità, riconducibile ad interessi comuni.

La massa, talvolta, assume una posizione ignava nei confronti dell’impossessatore. Così lui può agire, quasi indisturbato: approfittando di questo ventre molle sociale, può dar corso alla sua arte.

E mentre i cittadini sono là a chiedersi se riusciranno a risparmiare qualche euro di spazzatura, l’impossessatore li frega: mentre qualche nostalgico ideologista si affanna a chiedere spiegazioni, lui è già diventato il padrone di tutto. E’ un’artista, è là, e produce arte (e denaro).

E’ vero: in genere il politico dovrebbe difendere il bene pubblico, questo avveniva nel secolo scorso (oggi sono rari i casi). Chi ha la memoria lunga e sufficienti primavere riesce a ricordare sindaci, che si dichiaravano di sinistra, fare grandi battaglie per recuperare alla comunità pezzi di città, parchi, piazze sentieri, altrimenti preda degli impossessatori e dei prepotenti. Oggi la spiaggia è l’esempio più efficace, una volta era di tutti, oggi è solo di qualcuno. Mai, forse nemmeno nei peggiori incubi, avremmo immaginato che fosse espropriata ai cittadini. Invece è accaduto.

E’ una delle prove che la sinistra non esiste più, che questa millantata è solo fuffa, un misto di prepotenza, strafottenza ed ignoranza, che dall’ideale del “comunismo” si è passati a quello volgarmente detto del “cazzinculismo”, dove sono i cittadini a doversi difendere dalla politica e dalle sue emanazioni in camicia e smartphone.

Ovviamente i cittadini dovrebbero averne la voglia, il desiderio, l’energia, il tempo e, spesso purtroppo, anche i mezzi necessari per farlo. Ma raramente è così.

E’ un mondo che va sottosopra. Dove gli impossessatori, i controllori e i capi fanno affari e foto insieme e i probi, muti, sottostànno.

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