LA SCOMPARSA DEI COMUNISTI

karlNon so se ci avete fatto caso, ma, da quando non si possono più mangiare i bambini, sono scomparsi tutti i comunisti. Prima o poi il caso finirà a Superquark: tra le grandi estinzioni di massa, dopo quella dei dinosauri, però senza la caduta di nessun meteorite.

Tuttavia, mentre ci terrorizza l’idea che possano tornare i fascisti, o che siano già tornati (magari mutati cromaticamente) nessuno si occupa veramente dell’estinzione dei comunisti.

Qualche motivo è da ricercare nel passaggio delle mode: il rosso è impegnativo, la maglietta di Che Guevara si è stinta in lavatrice e la barba folta fa più Jovanotti che Marx. Inoltre anche l’espressione “comunista” è finita nel catalogo dei rimproveri mentre “socialista” resta compromessa; casomai si preferiscono toni più affascinanti, tipo: “democratico” o “progressista”.

Ma non delle truppe in eskimo, pugno chiuso e bandiera rossa si sente oggi la mancanza, ma di quei comunisti che si ergevano a difensori del “bene comune”. Quel tipo specifico di bene che veniva condiviso da una comunità come una proprietà collettiva che ne esercitava il cosiddetto “uso civico”. Una locuzione così desueta che se pure i comunisti tornassero, o ne importassimo una adeguata quantità da paesi dove tenacemente ancora sopravvivono, si scoprirebbero tanto inutili quanto inoperosi.

A proposito di sparizioni: anche del “bene pubblico” non vi è più traccia. E non è chiaro se sia perché non ci sono più i comunisti o, viceversa, sono spariti i comunisti perché non gli resta più nulla di pubblico da difendere. La domanda corretta quindi è: «sono spariti prima i comunisti o il “bene pubblico”» ?.

E’ vivo il ricordo di quando ancora esistevano entrambi: quando si fiutava il pericolo di uno scippo partiva il sit-in, la manifestazione, un picchetto con relativa raccolta firme, un occupazione per consentire che quei diritti restassero di tutti. Era quella noiosa tenacia nel voler difendere sempre i più deboli. Oggi, viceversa, qualsiasi prevaricazione si consuma nella più completa indifferenza.

La prova della sparizione dei comunisti si ravvisa nel moltiplicarsi del numero degli steccati. Ogni tot comunisti scomparsi, compare un cancello: metallico o metaforico. Seguendo una regola matematica, per ogni centinaio di comunisti scomparsi un marciapiede diventa privato, ogni migliaio viene alienato un parco, ne spariscono diecimila e un ospedale si trasforma in una clinica. E così non sono più pubbliche le spiagge e le scuole, le strade vengono recintate, gli acquedotti dati in concessione. Quando ne sarà sparito anche il ricordo, pagheremo anche l’aria, un tanto a respiro.

A volte incontriamo ancora vecchi comunisti: li riconosciamo dall’eloquio, così anacronistico, dalle loro ragioni terribilmente demodé. E dagli sguardi straniti di chi li ascolta.

Per alcuni sono solo dei matti.

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