IL FOTARCHITETTO

fotarchitettoUna volta, i più giovani manco lo sanno, le macchine fotografiche contenevano una pellicola, con rullini da 12, 24 o 36 foto che, alla fine, si sviluppavano tutte, senza sapere come erano venute, per questo motivo prima di scattare si rifletteva bene. Non solo per un freddo calcolo economico, ma anche per non ritrovarsi senza scatti nel momento del vero bisogno.

Ma anche al tempo della pellicola, tra i maggiori esecutori di foto ci sono sempre stati gli architetti, alcuni dei quali potevano vantarsi anche di avere qualche infarinatura di ottica e di sapere usare persino il diaframma calcolando la corretta esposizione con metodi molto complessi che, ovviamente, non avrebbero confessato a nessuno, neanche sotto tortura.

Ma è stato il dilagare del digitale a fare nascere e proliferare una nuova figura, oggi tanto diffusa quanto problematica: il fotarchitetto.

Secondo una statistica, condotta su circa 30000 architetti italiani (che sembra un numero impressionante ma è il numero di architetti esistenti soltanto a Roma e provincia) raggiunti telefonicamente, ben il 77% degli intervistati ha dichiarato di ritenersi un esperto fotografo, vantandosi anche con il sondaggista dei suoi ultimi album, rallentando tra l’altro l’inchiesta. Dalla ricerca, oltre questa immodestia di fondo, è emerso pure che esistono almeno cinque tipi differenti di fotarchitetti. Ovvero:

–          Il lavorativo: Per questo tipo di fotarchitetto il cantiere rappresenta l’unica ragione di vita, fosse per lui ci mangerebbe, dormirebbe, accoppierebbe e morirebbe dentro. Per questo motivo continua compulsivamente a fotografare ogni passaggio di qualsiasi lavorazione. Cartongessi ancora da stuccare, massetti semiconclusi, solai solamente armati ecc. Questo tipo di comportamento lo conduce ad creare giga di memoria di immagini che saranno riversate su numerose cartelle segnando data, luogo, soggetto e tipo di intervento sul pc dello studio che puntualmente finirà la memoria e allora ci vorranno giorni per scrivere decine di dvd di backup sui quali annotare nuovamente data, luogo, soggetto e tipologia dei lavori, mentre nel frattempo si fanno altre centinaia di foto che ingolfano nuovamente il pc e via all’infinito, mentre il cantiere prosegue nell’anarchia totale del capomastro che tra l’altro è quasi sempre poco fotogenico e quindi viene puntualmente ignorato. Quando il lavoro finisce, il fotarchitetto ne ha tra le 3000 e le 4000 foto ma non sa nulla del risultato finale.

–          Il viaggiatore: Una grande percentuale di fotarchitetti aspetta di viaggiare per colmare i propri desideri fotografici. Anzi, si può affermare senza timore di smentita, che il fotarchitetto viaggiatore va in viaggio solo per fare le foto e di conseguenza sceglie la destinazione solo in funzione della qualità delle foto che potrà fare. In genere questo tipo di fotarchitetto è dotato anche di un attrezzatura dall’elevato valore economico che ha comprato tutta da Euronics o da Mediawordl seguendo i consigli del commesso che però ha studiato al classico, indebitandosi pesantemente ma con gioia. Di questa attrezzatura, purtroppo, ne ignora quasi totalmente l’uso. Quindi, quando un fotarchitetto viaggiatore parte per una mèta, porta sempre due bagagli, uno, di solito il più voluminoso, gli occorre per trasportare un set di obiettivi e cavalletti che puntualmente utilizzerà solo il primo giorno. Caratteristica principale del fotarchitetto viaggiatore è che poi, per incapacità e pigrizia, verso la fine del viaggio farà solo foto con il suo cellulare a 2 megapixel, che poi saranno anche quelle che gli saranno venute meglio. Così gli diranno, con cinica sincerità, gli amici, che saranno costretti, un mercoledi sera, a vedere su uno schermo piatto full HD comprato apposta, decine di albe e tramonti.

–          Il social: Uno dei più temibili fotarchitetti è certamente il tipo social che utilizza internet come un manganello da stadio e apre profili su qualsiasi piattaforma più o meno nota, nella speranza di accumulare pubblico che soddisfi il suo ego. Ovviamente questo fotarchitetto pubblica immagini in maniera massiccia e con frequenza da fibrillazione atriale; gli argomenti svariano: dall’intervento di architettura contemporanea in periferia, al suo ultimo lavoro di piastrellatura di un bagno a casa del cugino. Ma al fotarchitetto social l’argomento architettura non basta, il suo prestigio di professionista gli conferisce la fiducia necessaria per abbandonarsi a selfie, foto di gatti, cani, canarini, conigli nani e qualsiasi altro quadrupede, scarpe, cibo a qualsiasi ora del giorno, scritte sui muri e buche stradali, tutto rigorosamente condito con messaggi tra l’esplicito ed il filosofico. Perché il fotarchitetto vuole comunicare, ma anche farsi comprendere.

–          L’artistico: Ogni fotarchitetto ha velleità artistiche, ma solo l’artistico le coltiva esclusivamente con lo strumento fotografico scevro da qualsiasi legame con il mondo dell’architettura. In sostanza per questo fotarchitetto essere anche architetto è solo una componente marginale del suo animo da maestro, raffinato e colto e, a suo parere, certamente sprecato poiché ancora incompreso. L’artistico è certo che prima o poi verrà fuori tutto il suo talento ed il suo genio gli consentirà di svoltare, abbandonare la carriera misera di architetto ed arrivare a firmare le copertine di Vogue o di Novella 2000. In genere il fotarchitetto artistico non esegue foto come tutti i comuni mortali ma utilizza tecniche e linguaggi che nessuno riesce a comprendere, a volte neanche lui. Bianchi e neri, prospettive illeggibili, viste dall’alto e dal basso, diti indici davanti all’obiettivo sono sempre scelte di gusto o al limite metafore del fotarchitetto artistico e mai negligenze o scarti. Così, quella che per tutti sarebbe una grondaia fuori fuoco, per il fotarchitetto artistico è lo straziante desiderio di comunicare al pianeta il suo disagio esistenziale. Il vero obiettivo dell’artistico è fare di ogni sua raccolta di foto una mostra che, nel caso venisse davvero fatta (ma non succede mai), visiteranno solo i parenti stretti e i costretti.

–          Il burocrate: Si tratta dell’architetto che, abbandonando qualsiasi vocazione professionale creativa, oltrepassa la barricata della famigerata scrivania pubblica e si posiziona dalla parte del controllore, diventando senza dubbio il fotarchitetto più pericoloso del pianeta, soprattutto nei confronti dei suoi colleghi. L’attività principale del fotarchitetto burocrate è effettuare sopralluoghi in compagnia di vigili, guardia di finanza o forestale, ma anche i carabinieri vanno benissimo. Arriva sempre attrezzato con una scadente macchina fotografica digitale messagli a disposizione dall’ente pubblico che lui si vanta di controllare da professionista ma a malapena sa maneggiare. Con tale dotazione, che quindi utilizza sempre in modalità automatica, realizza ampie documentazioni fotografiche dalle quali fare emergere sempre reati gravissimi, che prevedono lunghi processi penali, punibili con condanne dagli 8 mesi ai 3 anni di reclusione. Il burocrate esibirà tali scatti con grande fierezza come un novello Oliviero Toscani, tra lo stupore dei militari e dei colleghi d’ufficio che faranno di tutto per capire di cosa si tratta per dargli soddisfazione. Ovviamente tali fotografie risulteranno quasi sempre così scadenti e poco chiare che saranno oggetto di accese discussioni in innumerevoli udienze che al fotarchitetto burocrate saranno conteggiate come giorni di lavoro e puntualmente retribuiti, mentre all’architetto imputato costeranno tempo e molto denaro in avvocati.

L’evoluzione del fotarchitetto è il cinearchitetto. Più suggestivo e poetico, meno estemporaneo ma parimenti pericoloso (ma qualcuno è diventato famoso per davvero).

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