DISOBBEDIRE

Se dovessimo orientarci lungo la mappa dello scadimento sociale, la via maestra da seguire sarebbe senza dubbio quella del disinteresse, diffuso, della cosa pubblica.

Un disinteresse figlio di molti genitori, specie del comportamento delle amministrazioni cittadine che sottraggono diritti ai cittadini, trasformano il dovuto in concesso creando privilegi clientelari a danno del bene collettivo.

Grazie a questo schema si garantiscono il consenso elettorale che ne autorizza, almeno formalmente, le scelte.

Eppure, giova ricordare che, esistono beni dei quali, per paradosso, «nemmeno l’imperatore può impossessarsi». E’ il principio contenuto nel Codice di Giustiniano, modello di diritto romano, del V^ secolo.

Questi beni comuni, recita il codice, sono “aer, aqua profluens, mare et per hoc litora maris”, cioè l’aria, l’acqua, il mare e le sue spiagge. Principio ribadito, quindici secoli dopo, dal codice civile italiano che suddividendo i beni in privati e pubblici, include tra quest’ultimi le spiagge, inalienabili e imprescrittibili: «Destinate a soddisfare una prioritaria funzione pubblica».

In Italia la maggior parte delle spiagge è dato in concessione. In alcune regioni come Campania, Liguria ed Emilia Romagna questa percentuale arriva fino al 70%. Tali concessioni si tramandano sull’asse ereditario risultando diritti acquisiti ed inamovibili.

Inoltre i canoni di concessione sono risibili. Anche in zone di assoluto pregio.

In costa d’Amalfi, uno stabilimento balneare versa in media meno di 2000 euro all’anno di fitto. Sono dati resi noti dal ministero delle infrastrutture e liberamente consultabili. (si veda ad esempio il link: http://dati.mit.gov.it/catalog/dataset/concessioni-demaniali-marittime-a-maggio-2021).

Secondo le indicazioni normative, tuttavia, occorra che in ciascun Comune vi sia equilibrio tra la superficie di spiaggia data in concessione e quella libera (o “libera attrezzata”). In particolare la spiaggia libera dovrebbe rappresentare non meno del 40% (in Campania tale limite è fissato nel 20%) del suolo demaniale senza essere confinato in aree degradate (allo sbocco dei fiumi o difficilmente accessibili, ad esempio).  

Quest’anno, con la cancellazione di ogni limitazione legata al Covid-19, non è più plausibile concedere che l’accesso alle spiagge libere (attrezzate o meno) sia soggetto ad un sistema di prenotazione. L’alibi dell’affollamento non è più adoperabile.

La spiaggia libera, per definizione, deve consentire il libero accesso a chiunque, gratuitamente e in qualsiasi momento, senza nessuna distinzione, discriminatoria e illegale, tra residenti e non residenti. Inoltre le attrezzature non possono essere disposte prima dell’arrivo del richiedente e devono in ogni caso lasciare libera una porzione di spiaggia.

Sono norme queste che (insieme ad altre) vengono, di consuetudine, violate, anche grazie alla connivenza dei controllori.

La maggior parte delle persone informate discorda con questi abusi.

Ma il dissenso, la chiacchiera da bar, il malumore, il commento da social, argomentato o sotto forma di satira, non è più sufficiente.

Il cittadino, dunque, non ha armi per difendersi dallo spoglio dei suoi diritti sui beni comuni? Alle leggi chiaramente ingiuste che violano principi fondamentali di equità?.

Ne ha poche. Una di queste è la disobbedienza civile.

Una cittadinanza che si sente davvero libera, senza paura, che ha a cuore il destino dei beni comuni, che non si volta dall’altro lato, disobbedisce.

Solo l’opposizione fisica, concreta e commissiva, ai soprusi li mostra per ciò che sono.

Post Scriptum.

Ma siccome un grammo di buon esempio vale più di un quintale di parole”, per quanto mi riguarda e per quello che può interessare, quest’anno, se dovesse essere ancora utilizzato il sistema dell’app per prenotare l’uso della spiaggia libera, lo violerò tutte le volte che mi sarà possibile.

Questa forma di trasgressione intenzionale possiederà tutte le caratteristiche distintive: sarà “pubblica” (azione manifesta e non clandestina), “aperta” (cioè dichiarata prima che avvenga), “non violenta” (e ci mancherebbe altro) e “passiva” (ovvero con la disponibilità a sottoporsi alla sanzione).

Per questo lo sto comunicando con largo anticipo.

Se sarà necessario: io disobbedirò.

(nella foto: copertina del libro “Disobbedienza civile” di H.D.Thoreau – Einaudi, 2018 – particolare)

(quest’articolo è stato pubblicato nella rubrica “L’Archritico” su ulisseonline.it – QUI)

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