Da grande vorrei fare il Brunetta

Renato-Brunetta_h_partbE’ una frase che già detta così fa un po’ ridere.

E invece non c’è proprio niente da ridere perché la vicenda recentemente raccontata da “Report” delle case di Brunetta, sparse in tutta Italia, è una cartolina fedele del nostro paese, dove camminando sul bordo della legalità e senza violarla mai, sono sempre gli stessi a fare gli affari e a rimetterci sempre tutti gli altri.

Brunetta è solo uno dei rappresentanti, solo uno dei tanti, di quel pezzo di Italia che negli uffici viene ricevuto con il sorriso in qualsiasi ora e giorno della settimana. Per il quale il funzionario è sempre a disposizione e non ha mai altro lavoro da fare, l’intestatario di pratiche sempre più urgenti delle altre, che se hanno qualche problema, in un modo o in un altro verrà risolto.

E’ l’Italia del tutto perfettamente regolare, è l’Italia che sorprendentemente funziona, della burocrazia che rispetta i tempi, delle procedure che filano via lisce, delle porte spalancate. E’ persino l’Italia, per citare un caso di attualità, che se, malauguratamente, ti capita un parente in carcere, puoi chiamare direttamente il Ministro della giustizia, anzi magari chiama lui a te.

Questa Italia, noi italiani, e più ancora, noi italiani del sud, la conosciamo perfettamente e non ci fa nessuna sensazione. La conosciamo bene perché ogni giorno ci confrontiamo con un altro paese, che poi è la nostra italia, alla quale, per distinguerla dalla precedente, daremo la “i” iniziale minuscola.  E’ l’italia dei sorrisetti di circostanza di chi ci sbarra la strada, delle braccia allargate dell’impiegato che dice “non posso aiutarla”, il paese che arma la mano del funzionario arrogante che ci accompagna alla porta, che inventa il redditometro per giustificare perentorie lettere di Equitalia o di altri uffici similari mentre l’altra Italia esporta capitali all’estero che rientreranno con un condono pagando una misera sanzione. E’ quell’italia che attende anche sei mesi per una risposta da un ente pubblico e che se chiede spiegazioni viene rimproverata acidamente. Che rimane ad aspettare un bus per ore, una TAC per mesi, una casa per anni. E’ l’italia di chi ha pagato quarant’anni di contribuiti ma è senza pensione, dei laureati disoccupati che emigrano, di chi si mette sempre, pazientemente, in fila.

Per tornare al caso del simpatico ex-ministro, quindi parlando di case, quella alla quale appartiene Brunetta, è anche l’Italia per la quale quella rigidissima camicia di forza delle leggi urbanistiche, persino in zone vincolate, appare agevole da indossare.

E’ evidente che la parte d’italia più numerosa, non riuscirebbe mai a ristrutturare un rudere trasformandolo in una villetta panoramica, senza violare la legge, senza ricevere decine di sopralluoghi da Vigili, Forestali, Carabinieri, Guardia di Finanza, senza subire nessun sequestro. Senza che nessun inflessibile magistrato adombri qualche reato. Non riuscirebbe poi mai a registrarla al catasto come abitazione popolare senza subire un accertamento dall’Agenzia del territorio; poi non riuscirebbe mai ad acquistare un immobile nel parco delle Cinque Terre, laddove non dovrebbe esserci neanche una pietra, per pochi spiccioli o fare affari immobiliari nel centro di Roma senza avere alle calcagna l’Agenzia delle Entrate, ed ovviamente, questa parte d’italia vorrebbe tanto sistemare amici e/o familiari nelle fondazioni beneficiate dallo stato, ma purtroppo deve arrangiarsi in altro modo.

Spiace dirlo ma si tratta di due Italie diverse, corrono parallele ma non si incontrano mai. E quando il presidente del Consiglio di turno parla del “paese che riparte”, non si sa bene a quale si riferisce, perché l’Italia dei Brunetta va già molto veloce, mentre l’altra pure ci va, ma in retromarcia.

E allora, a molti, viene la tentazione di fare il Brunetta. Da Grande.

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