10 COSE CHE SI VERIFICANO AI CORSI DI FORMAZIONE PER ARCHITETTI (seconda parte)

buffetCome gli architetti sanno bene, i corsi obbligatori per raggiungere la quota crediti necessaria per restare nel girone dantesco della professione come un dannato qualsiasi, rappresentano l’ultima umiliazione in ordine di tempo subito dopo l’assicurazione obbligatoria; peggio ci sarebbe solo essere costretti all’angolo della strada a dipingere quadri naif per pagarsi i contributi.

Nella prima parte (clicca qui per leggerla) abbiamo visto le prime cinque cose che, purtroppo, si possono anche verificare durante questi corsi e che sono: il discorso del politico, la sala gremita, la prima e l’ultima fila, la ripresa video ed il powerpoint (difettoso). Ecco le restanti cinque cose:

–        I vecchi amici: Un aspetto positivo di questi corsi e che, all’improvviso, quando meno te lo aspetti, incroci uno di quelli che conoscevi all’università e con il quale, magari, hai anche scroccato un esame di cartografia tematica utilizzando le stesse tavole di progetto. Gente che poi non hai più visto, che non sapevi neanche si fossero laureati, vivessero ancora in Italia, messo intanto su una o più famiglie e altri particolari del genere. L’incontro, se piacevole, si risolve in un interminabile revival di aneddoti, pieno zeppo di risate e lacrime, che termina in birreria alle tre di notte con un tasso alcolemico da ritiro definitivo della patente.

–        La marchetta: In alcuni casi questi corsi sono sponsorizzati da una ditta che commercia in qualche prodotto nel quale l’architetto potrebbe imbattersi durante il proprio lavoro. Per questo motivo, per giustificare l’evento, ad un certo punto, arriva l’intervento del venditore che prova a smerciare la propria roba. Tale fornitore è sempre quello tra gli oratori, il più elegante: un misto tra un porta a porta del Folletto e un citofono di domenica del Testimone di Geova. Il prodotto può essere di qualsiasi specie: dall’intonaco per facciate alla piastrella da arredo, dalla cucina componibile fino alla polizza contro gli infortuni comprensiva di benedizione divina per i più scaramantici. Tutto ciò con grande spreco di brochure pubblicitarie che in genere vengono utilizzate per soffiarsi nel caso di corsi estivi.

–        Il whatsup: Il vero protagonista del corso di formazione è, però, senza dubbio l’app Whatsup insieme alla quale il 90% degli architetti trascorre il 75% del tempo del corso, scambiando messaggi anche con gente che a malapena conosce. Si calcola che senza il whatsup la maggior parte dei corsi di formazione verrebbero abbandonati per cedimento fisico e mentale dopo meno di mezz’ora. Qualcuno si è spinto ad ipotizzare che il whatsup sia stato proprio inventato per resistere ai corsi di formazione e che poi abbia trovato una sua diffusione indipendente per puro caso. Ma l’ipotesi sembra peregrina ai più.

–        Il furbetto della firma: In genere in questi corsi non mancano mai i cosiddetti furbetti della presenza che in un modo o nell’altro provano a intrufolarsi solo al momento della firma e a sparire durante tutta la durata del convegno. Mèmori di eroiche imprese simili ai laboratori universitari a presenza obbligatori, gli architetti le studiano tutte pur di riuscire ad evadere anzitempo oppure ad arrivare solo ai saluti finali. Il furbetto lo riconosci subito dal fare furtivo, da suo far finta di niente oppure dal frenetico movimento degli arti che dovrebbe voler dire: “scusate, sono sempre così impegnato”. Inutile dire che lo stratagemma della controfirma rappresenta un ostacolo ampiamente aggirabile. Inoltre finora non esistono ancora sanzioni per firme mendaci o per procura, per cui ogni tentativo rimane tutto sommato pressappoco lecito.

–        Il buffet: Solo nel 15% dei casi un corso di formazione per architetti termina con un buffet. Ovviamente la presenza del rinfresco finale non viene mai pubblicizzata in anticipo altrimenti all’ingresso si formerebbero code come al casello di Milano Melegnano. Tuttavia quando un architetto che giunge ad un corso di formazione, scopre che al termine dei lavori ci sarà un buffet (meglio se salato e dolce), il suo stato d’animo cambia velocemente e anche l’interesse per il dibattito aumenta esponenzialmente. Si può dire che un buffet vale quanto tre oratori prestigiosi. Alcuni architetti chiamano pure a casa e dicono di non tornare per cena, altri, più intrepidi, chiamano a casa e dicono alla famiglia di raggiungerlo che c’è una festa.

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