SETTEMBRE: L’ARCHITETTO TORNA AL LAVORO

Tra le cose più urgenti da abolire, subito dopo la pena di morte, la schiavitù e l’Agenzia delle entrate e a pari merito con il bollo auto, c’è Settembre. Lo sanno bene tutti i liberi professionisti di questo paese, perlomeno quelli superstiti, ma tra questi, l’architetto è quello che lo sa meglio di tutti.

Partito per le ferie con grande ottimismo, ma costretto a pianificarle all’ultimo perché anche quest’anno non si sapeva se riusciva a farsele, l’architetto solitamente trascorre il suo Agosto disperato effettuando finte vacanze (un paio di giorni qui, un weekend là ecc.) e tornando al suo lavoro, ovviamente, parecchio meno riposato di quando lo ha lasciato.

Conosco persino architetti che in crisi di astinenza o terrorizzati dal rientro, si tengono in esercizio facendosi un paio di DOCFA la mattina presto sulla terrazza di uno chalet, oppure effettuando il rilievo della loro camera d’albergo “doppia”, per controllare che raggiunga i 16 metri quadri, come da normativa regionale.

I più fortunati riescono a partire per luoghi isolati ed esotici, dove non si rintraccia nessuno strumento tecnico e neanche il wi-fi piglia. Finché arriva il fatidico primo Lunedi di Settembre (talvolta il secondo).

Per una strana alchimia della mente umana, che dovrebbe essere oggetto di studi alla facoltà di psicologia, la prima cosa che l’architetto pensa, appena tornato nel suo studio, è ai numerosi crediti che deve riscuotere. Così, dinanzi allo sconforto settembrino, improvvisamente, visualizza la faccia di due o tre personaggi dai quali aspetta un pagamento da mesi e che aveva, faticosamente e temporaneamente accantonato dai suoi pensieri. L’architetto riflette sull’evidenza che se lo pagassero esattamente in quel momento, lui potrebbe farsi almeno un’altra settimana di vacanza e rimandare ulteriormente il ritorno.

Siccome i creditori dell’architetto sono sempre figure eteree, dotati del dono della dissolvenza fisica, la prima cosa che invece l’architetto è costretto a fare, è rimboccarsi le maniche per mettere in ordine. Nella maggior parte dei casi, lo studio di un architetto al ritorno delle ferie, si presenta come un monolocale dopo un tentativo di saccheggio di una banda di teppisti.

L’architetto realizza che le cataste di carte lasciate in precario equilibrio sulla scrivania qualche settimana prima, sono rimaste al medesimo posto: nessun sisma le ha scaraventate sul pavimento, né un incantesimo fatato ha provveduto a sistemarle al loro posto, quindi deve pensarci lui che, nel frattempo, ha completamente dimenticato di cosa si stava occupando prima di andare in ferie. Per questo motivo l’operazione di sistemazione dello studio dell’architetto, in genere, occupa addirittura alcuni giorni.

Contemporaneamente, l’architetto riapre la posta elettronica e si accorge che, durante la sua assenza, il mondo intorno a lui ha continuato a produrre fatidici contenuti. L’affannoso recupero delle corrispondenze mail, impegna l’architetto almeno per alcuni giorni. Per una ragione del tutto misteriosa, in tutte queste mail ricevute compaiono sempre numerose richieste di denaro, da enti che periodicamente perseguitano l’architetto, quali Inarcassa, compagnie telefoniche, case editrici ecc, ma non si ha mai notizia dei famosi creditori di cui sopra.

Ma le peggiori incombenze settembrine, l’architetto le scopre non appena decide di riaprire lo smartphone lavorativo. A quel punto si scatena l’inferno delle telefonate degne del celeberrimo centralino di “Pronto…Raffaella ?” per il gioco dei fagioli nel vaso.

La prima telefonata, in genere, l’architetto la riceve da un avvocato che ha una scadenza assolutamente imminente, tipo la consegna di un ricorso al TAR, un sopralluogo giudiziario o similari, che se non effettuato condanneranno un povero disgraziato (sempre vittima di un errore giudiziario colossale) a minimo, minimo, vent’anni di reclusione al 41 bis. Ovviamente l’avvocato che intima all’architetto di procedere con assoluta urgenza, lo fa da una spiaggia tropicale, seduto su una sdraio in vimini attrezzata con tavolinetto basso in teak completo di mojito; questo perché l’avvocato che ha bisogno dell’architetto, a settembre, è ancora tranquillamente in vacanza (l’architetto lo sospetta poiché in sottofondo si ode il mite fruscio della risacca, ma non può dirlo).

La seconda telefonata potrebbe essere proprio quella del povero disgraziato, oppure di un ingegnere stakanovista che non ha staccato neanche a Ferragosto, o di un geometra amministratore di condominio che richiede la revisione dei millesimi per un’assemblea infuocata piazzata giusto due giorni dopo.

Dopo questa serie di chiamate intimidatorie, l’architetto è raggiunto dalla chiamata dell’unica ditta edile che ha lavorato tutto agosto e che, senza indicazioni, ha operato in assoluta anarchia, fino a trovarsi in una situazione del tutto imprevista ed, ovviamente, irreparabile. Ecco quindi che, spesso, in questo periodo, l’architetto è costretto ad impegnarsi in una serie di aggiustamenti imprevisti. Per questo motivo le persone normali ritengono settembre il mese della vendemmia, dei fichi e del ritorno a scuola, mentre l’architetto lo considera quello delle varianti in corso d’opera.

Di solito per mettersi in pari con il regresso abbandonato, l’architetto impiega almeno le prime tre settimane di settembre, mentre per rimettersi in pari anche psicologicamente sfora minimo fino alla metà di ottobre.

Va precisato che durante tutto questo tempo i famosi creditori di cui sopra, non compaiono mai.

In compenso compare il commercialista, ricordandogli le scadenze fiscali.

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