L’ARCHITETTO E IL “CONSIGLIO AL VOLO”

STEWEUna delle piaghe sociali che tormentano l’odierno professionista, di gravità almeno pari al vuoto di valori contemporaneo, è senza dubbio quella del consiglio “al volo”. E’ strano come la giurisprudenza italiana, così attenta ad individuare comportamenti delinquenziali e a stabilire sanzioni e pene, non si sia ancora occupata di questa dilagante pratica criminosa. Fino a qualche anno fa i più colpiti erano i geometri, ma oggi le vittime sono principalmente gli architetti costretti a frequentare luoghi deserti o a camuffarsi per sfuggire a questo tipo di disturbo, che, a rigore di legge, può essere accomunato a quello previsto dall’art. 660 del Codice penale rubricato come ”molestia o disturbo alle persone”, e praticato da quello che, da ora in poi, chiameremo “richiedenteconsigliovolante”.

Per conoscere meglio entrambe le cose e per imparare ad evitarle ecco le cinque caratteristiche più pericolose del consiglio “al volo”:

Gratuità: Requisito base del consiglio “al volo” è che è assolutamente gratuito, altrimenti non sarebbe “al volo” e ovviamente non verrebbe mai richiesto. Non importa la natura del consiglio e non importa se da tale consiglio, per l’architetto scaturisce l’incombenza di produrre nuovi documenti, fotocopiare materiale tecnico, fare una serie di telefonate, o fissare un altro paio di appuntamenti ecc.: per tutta questa serie di attività non è previsto compenso. Quindi, per essere più precisi, per il “richiedenteconsigliovolante” è tutto gratis, mentre per l’architetto si configura un danno economico che può raggiungere anche i 500 euro che si unisce, naturalmente, a quello temporale.

Durata: Non fatevi ingannare dal suffisso “al volo”, quando il “richiedenteconsigliovolante” blocca l’architetto esordendo con la classica frase “architè permettete, vi rubo solo un attimo”, e l’architetto, sventuratamente, non si allontana velocemente facendo finta di non aver né visto né sentito, bensì si arresta e risponde “prego, mi dica”, è il momento esatto nel quale l’avverbio di tempo “attimo” si trasforma in una pippa assurda che può durare tra i 18 e i 50 minuti. L’architetto dovrebbe ben ricordare che non esistono consigli “al volo” brevi ma solo modi brevi per scapparne.

Inopportunità: Premesso che non c’è mai un momento adatto per questo tipo di molestia, una caratteristica essenziale è che viene praticata sempre in situazioni assolutamente inadeguate: il “richiedenteconsigliovolante” è infatti assolutamente insensibile alle condizioni al contorno. A titolo di esempio ecco alcuni momenti durante i quali può avvenire la richiesta di consiglio “al volo”: giorno di festa importante (Pasqua, Natale, Capodanno), quando l’architetto va assolutamente di fretta, quando l’architetto è con altre persone in atteggiamento amoroso (mogli/mariti, partner, amanti) o clienti magari importanti. Esistono alcuni casi limite: in chiesa o durante un funerale, durante un evento sportivo (tipo l’architetto che viene fermato durante una corsa o nell’intervallo di una partita di calcetto o pallavolo), durante il proprio matrimonio, agli urinatoi dei bagni pubblici (solo maschi) o in sala parto (solo donne).

Irrevocabilità: L’architetto, spesso in mancanza di documentazione, non ha gli strumenti sufficienti per rispondere con precisione alle domande del “richiedenteconsigliovolante”; tuttavia pur di evadere dalla temporanea seccatura dispensa quello che in quel momento ritiene il consiglio più adeguato, pensando si tratti soltanto di un parere occasionale. Questo costituisce un errore gravissimo perché il consiglio “al volo” assume istantaneamente il valore di una sentenza di cassazione, tramandandosi con tradizione verbale come l’epica della Sacra Sindone. Conosco architetti, che, anche dopo 30 anni, sono stati chiamati in tribunale in qualità di testimoni per ribadire una tesi da consiglio “al volo”.

Conflittualità: L’architetto tenga presente che lo stesso quesito che viene posto a lui è stato e verrà formulato ad altri architetti (o tecnici in genere), in alcuni casi, specie in occasione di trasversalità di opinione, verrà anche riportato ai consiglieri successivi con tanto di generalità del consigliatore (violando la normativa sulla privacy). Questo circuito di consigli “al volo” formulati in tempi successivi crea un giro enorme di consulenze spesso in conflitto tra di loro, finché il “richiedenteconsigliovolante” particolarmente tenace non comincia il secondo giro di pareri, citando i commenti degli architetti sui pareri dei colleghi, fino a che la questione del tutto virtuale non scivola su argomenti di natura personale e ci si dimentica del quesito di partenza. Questo provoca che ad un certo punto molti architetti non si salutano più per strada e si odiano senza sapere il perché.

La dinamica del consiglio “al volo” spiega come mai, ultimamente, specie la Domenica, gli architetti frequentino attività e posti isolati sconosciuti, tipo percorrere sentieri di montagna dove, smarritisi, sono costretti a chiedere ai locali un consiglio per tornare a casa. Rigorosamente “al volo”.

(si ringrazia Fasano Gianluca per il consiglio)

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