LA TEORIA DEL PALETTO

palettiIl mio prozio, scomparso il mese scorso, non ha mai raggiunto gli onori della cronaca. Ho controllato, il suo nome non è neppure su wikipedia. Eppure dovrebbe esserci perché è stato lui l’inventore della teoria “del paletto”, omologa di quella, ingiustamente più nota, delle “finestre rotte” descritta da Wilson e Kelling nel 1982.

Quella “del paletto” non è una teoria come le altre, cioè ad uso esclusivo di sociologi o criminologi ma buona per tutti: uomini e donne, giovani e anziani, architetti, medici, avvocati, sportivi e pensionati. Il prozio arrivò ad enunciare la teoria dopo anni ed anni di sperimentazione pratica, in vari campi, dal familiare al lavorativo. Alla fine giunse alla conclusione che “Il paletto fosse l’unica soluzione universale a qualsiasi problema contemporaneo”. Per un breve periodo cercò la collaborazione di qualche suo amico giornalista, scrisse anche al “Maurizio Costanzo show”, per avere la giusta pubblicità, ma nessuno lo prese molto sul serio. Solo noi parenti gli demmo del credito, e da quel giorno lo ribattezzammo “Ziopaletto”.

L’idea dell’uso universale del paletto al mio prozio girava per la testa da molti anni, ma praticamente gli venne quando, intorno ai quarant’anni, si era trovato in preda ad una crisi d’identità e con gravi difficoltà economiche. Decise dunque, improvvisamente, di cambiare lavoro e città ma prima ancora fu costretto a posizionare alcuni paletti nella sua vita. E si accorse che la vita gli stava andando a rotoli perché non era mai riuscito a mettere i giusti paletti. Impiegò poco a scoprire che la vita con i paletti funzionava meglio.

In breve mise paletti dappertutto. Per concludere il lavoro li mise anche alle sue aspirazioni e ai suoi desideri. Dopodiché si ritrovò ringiovanito e felice.

Ad esempio, nei rapporti interpersonali, da quel momento, Ziopaletto si trovò sempre bene grazie al posizionamento dei paletti adeguati. Molto utili gli furono quelli piazzati per evitare spiacevoli confidenze da quelle donne che reputava un po’ troppo espansive, nei suoi confronti. E’ grazie a questi paletti che Ziopaletto arrivò in perfetta forma e celibe all’età pensionabile.

Ad un certo punto pensavamo non morisse neanche più, tanto che era brillante.

Ma lo zio, durante il corso degli anni, è riuscito a risolvere anche molti altri problemi, meno romantici, grazie alla “teoria del paletto”, tipo il problema del parcheggio nel cortile. Capitava che una sera su due gli fregavano il posto auto, ne aveva discusso in assemblea di condominio ma senza nessun risultato, finché decise di metterci semplicemente un paletto. Un bel paletto con il catenaccio. Nottetempo lo zio posizionò il paletto che risolse perentoriamente e immediatamente il problema.

Ziopaletto, tra le tante cose strane che ha fatto, ad un certo punto acquistò un immobile nella regione della Transilvania, riuscendo anche a sfrattare lo storico inquilino che non pagava il pigione da 250 anni. Quando poi questo era andato a lamentarsi di persona, c’era stato un grosso litigio, finché lo zio aveva preso un paletto di frassino dal portaombrelli e con quello, così almeno sostiene lui, aveva risolto la discussione.

Infine, circa dieci anni fa quando all’ospedale non volevano ricoverare mia cugina malata di appendicite, lo zio aveva fatto irruzione nella stanza del primario, agitando per aria un paletto metallico che teneva per le occasioni speciali. In poche ore per mia cugina venne trovata una camera comodissima ed il giorno dopo fu anche operata. Lo zio aveva riposto il paletto nel fodero solo dopo le dimissioni.

Tutto è andato liscio finché Ziopaletto l’anno scorso si è ammalato di una specie di depressione. Lui sosteneva di sentirsi troppo solo, noi gli rispondevamo che potevamo fargli compagnia se lo desiderava, ma Ziopaletto non parlava di semplice solitudine. Era come se gli mancasse un pò l’aria. E poi sembrava spaesato, quando usciva in strada era impaurito, dimenticava le strade o faceva lunghi giri inutili che lo stancavano moltissimo, così finiva che se ne stava rinchiuso in casa, circondato dai suoi paletti, anche nelle belle giornate di sole.

L’ultima volta che ho visto il prozio, poche settimane fa, stava posizionando una serie di paletti luminosi in giardino, gli avevo chiesto il perché. Lui mi aveva risposto che stava per partire per un lungo viaggio.

E siccome aveva intenzione di partire di notte, voleva essere sicuro di centrare il viale.

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