LA SENSIBILITA’ DELL’ARCHITETTO

fragileTra i dilemmi che la scienza moderna ancora non ha chiarito c’è senza dubbio quello legato alla sensibilità dell’architetto. Dato per scontato che l’architetto sia maggiormente sensibile rispetto alle persone comuni, il quesito è il seguente: ”Lo diventa in quanto studia da architetto o studia da architetto perché è già sensibile di suo ?”.

Si tratta di un interrogativo troppo ampio, per il quale bisognerebbe scomodare fior di scienziati che, però, nel frattempo, sono già sufficientemente impegnati a mandare sonde su Marte e non hanno molto tempo a disposizione; tuttavia si è capito che tutte queste emotività condizionano molto l’architetto che finisce per sopravvivere in una dimensione trascendente che appartiene solo a lui e ai suoi simili, ovviamente danneggiandolo sia dal punto di vista sociale che lavorativo.

Ecco le dieci peculiari sensibilità dell’architetto, in ordine di diffusione:

Economica: Con i tempi che corrono, praticamente la totalità degli architetti è costretto ad essere particolarmente sensibile alle sue economie, altrimenti non potrebbe neanche sopravvivere da architetto e poi perchè non viene pagato quasi da nessuno mentre lui deve pagare tutto, tutti e subito. Purtroppo la sua empatia lo porta ad essere a sua volta sensibile nei confronti delle difficoltà economiche (vere o presunte) dei suoi clienti. Questo tipo di sensibilità crea grandi disagi all’architetto che davanti ai lamenti dei suoi debitori è debole e si lascia impietosire. Va a finire che l’architetto non ha il coraggio di chiedere soldi, oppure, persuaso dell’indigenza dei suoi clienti, formula sconti da ipermercato. Solitamente le richieste di pagamento dell’architetto sensibile, vengono formulate con eccessiva moderazione, fino ad accontentarsi di essere pagato in qualsiasi modo: a rate, a cambiali, a spicci o in valuta fuori corso. In alcuni casi l’architetto economicamente sensibile, si accontenta della formula del baratto, del “ricambio di favore” o della sempre in voga “promessa di altri incarichi”.

Artistica: Un bravo architetto possiede naturalmente sensibilità artistica, spesso fin dalla nascita, taluni la inseriscono anche nel curriculum, altri, per dimostrarlo, si sottopongono a visite di musei dove viene esposta solo arte concettuale contemporanea o a domeniche dei “monumenti aperti” celebrate su conventi del ‘300 in cima ad un monte isolato. Dal punto di vista sociale questa sensibilità causa l’isolamento dell’architetto che viene allontanato dalla massa composta di essere umani normali che la Domenica mattina si svegliano alle 10 e vanno al centro commerciale in tuta. Questo desiderio di appagare cotanta passione causa all’architetto tanta solitudine, finché non riesce ad accompagnarsi ad altri architetti provvisti delle sue medesime caratteristiche e, dunque, capaci di riconoscere, anche con un solo sguardo, un Tom Wesselmann da un comune arredo bagno da Brico,

Critica: Circa il 75% degli architetti è dotato di un grande senso critico che si manifesta in numerosi campi oltre che, naturalmente, in quello dell’architettura e dell’edilizia in genere. Ecco perché gli architetti quando sono, ad esempio, al ristorante non guardano subito il menù, ma le piastrelle del pavimento, oppure la posizione del bagno e della cucina, o la qualità del tovagliato. E, contemporaneamente, si massaggiano delicatamente il mento rimanendo pensosi. Questo tipo di sensibilità critica si manifesta in qualsiasi ambiente dove accadono operazioni di tipo funzionale, ad esempio durante un tragitto in autobus o in auto, l’architetto nota immediatamente le caratteristiche della strada, la sincronizzazione dei semafori e la qualità della guida degli altri automobilisti. Ma la sensibilità critica dell’architetto può manifestarsi in qualsiasi campo e in qualsiasi momento: al cinema, al bar, al calcetto, all’ikea, al funerale del nonno, al matrimonio della cugina ecc.. Alla lunga questo spiccato senso critico può sfociare nella partecipazione politica, a quel punto l’architetto diventa nell’ordine: simpatizzante, attivista, complottista, estremista e via via sempre peggio.  In altri casi, tale senso critico può perpetuarsi anche verso sé stessi, per questo motivo non sono rari gli architetti eternamente insoddisfatti e inquieti (vedi sensibilità nervosa) senza un apparente motivo.

– Estetica: Quando un architetto possiede entrambe le precedenti sensibilità, allora possiede, per naturale conseguenza, anche quella estetica. Per anni gli studiosi hanno creduto che gli architetti esteti fossero solo quelli omosessuali, ingannati non solo dai pregiudizi ma anche dal foulard di seta al collo e dalle espadrillas ai piedi. Viceversa la sensibilità estetica è una componente fondamentale di ogni bravo architetto, posseduta almeno dal 70% di essi. Se dal punto di vista sociale la sensibilità estetica nobilita l’animo dell’architetto, sul lavoro gli crea solamente problemi. Oggi il fattore estetico non interessa a nessuno, non interessa ai funzionari pubblici preoccupati solo che “le carte stiano a posto” e non interessa al privato che vuole solo cose che servano e che siano semplici. Entrambi poi rifiutano qualsiasi cosa che costi anche solo un euro in più del previsto. Questo non deve scoraggiare l’architetto che continua ad essere fiero della sua sensibilità estetica. Quello che non si spiega è come possa capitare che poi un architetto possieda una multipla, indossi i calzini bianchi nei sandali oppure sposi o si accompagni con un oggettivo cesso.

Sentimentale: Almeno la metà degli architetti è vulnerabile dal punto di vista sentimentale. In questo caso gli scienziati non hanno ancora capito se ci siano legami con il loro lavoro che li porta a farsi carico dei problemi del prossimo o sia una debolezza naturale. Fatto sta che l’architetto è facilmente incline alla lacrima; per averne conferma si faccia la seguente prova: si guardi un film d’amore in compagnia di un architetto e si scommetta sul numero di pianti ai quali si lascerà andare. In alternativa va benissimo anche una puntata di “C’è posta per te” o un matrimonio di un parente fino al secondo grado. Inoltre, a causa di questa loro fragilità, gli architetti sono spesso vittime di storie d’amore molto complicate, romantiche ma impossibili, durante le quali scrivono centinaia di pagine di diario (oggi email) disperate, accumulando un carico di angoscia che convertiranno nei loro progetti, elaborando teorie che non sapranno spiegare a nessuno e, dopo qualche anno, neanche a loro stessi.

– Viscerale: E’ stato appurato che la fragilità fisica dell’architetto, in particolare dell’apparato digerente, è esatta conseguenza della sua vita sregolata e della casualità dei suoi pasti, sia in termini di contenuti che di orario. Tale deformazione delle abitudini comincia già durante gli anni universitari, quando lo studente di architettura, rimbalzante di giorno, tra molteplici corsi, correzioni e sopralluoghi e, di sera, tra apericena, vernissage e rave party, si ciba di merendine e tramezzini raffermi. Questo genera all’interno della sua flora intestinale la proliferazione di un unico batterio denominato “architectus bacteros destructio”, vigile 24 ore su 24 e capace di disgiungere qualsiasi sostanza solida o liquida che gli viene sottoposta. Tale batterio, però, tende ad impigrirsi con il passare degli anni, tanto che intorno alla quarantina l’architetto, dopo anni di caotico regime alimentare, non digerisce più neanche il Zimyl a colazione, ha sempre mal di pancia ed è costretto a nutrirsi, per lunghi periodi, di pastina col dado e fette biscottate integrali.

– Ecologica: Tutti oggi dovrebbero avere questo tipo di sensibilità verso l’ambiente che ci circonda e spesso è proprio l’architetto a farsi portavoce delle esigenze del nostro pianeta e a cercare di convincere chi lo circonda che bisogna abbassare il livello di inquinamento e lo spreco delle risorse. Dal punto di vista lavorativo questo si tramuta nel disperato tentativo di fare installare a chicchessia pannelli solari, serbatoi per la raccolta di acque piovane o infissi a taglio termico di ultima generazione, ovviamente sempre rifiutati dalla committenza per l’elevato costo di impianto e gestione. Nella vita di tutti i giorni, l’architetto conduce una battaglia serrata, principalmente in famiglia, sia per il risparmio energetico che per la riduzione dei rifiuti solidi, attraverso un certosino metodo di raccolta e smaltimento. Ma non basta: il vero architetto ecologico aderisce a numerose iniziative che vanno dalla pulizia delle spiagge e dei fiumi, alla raccolta fondi per l’auto ad acqua minerale. Promuove il car-sharing, pianta alberi in centro e salva l’orso bianco, il panda, le foche monache e persino i piccioni, finché uno non gli caga sulla testa, a quel punto li sterminerebbe tutti con il gas nervino.

– Posizionale: Abituati a maneggiare planimetrie a grande scala, piani regolatori, cartine per raggiungere cantieri impervi e mappe catastali, un gran numero di architetti è convinto di possedere grande destrezza geografica e capacità di orientamento fuori dal comune. In realtà, solo il 30% degli architetti è davvero dotato di tale sensibilità posizionale che gli consente di avere sempre la consapevolezza di sapere dove si trova e di riuscire a capire come deve muoversi. Quando si è indecisi su quale strada prendere ad esempio si chiedono sempre lumi all’architetto scambiandolo, forse, per un cane da tartufo. Ma questa prerogativa viene spesso utilizzata anche durante i viaggi, quando all’architetto viene sempre chiesto di fare da navigatore consegnandogli il GPS; a questo punto possono verificarsi due casi: se l’architetto appartiene a quel 30% si riterrà assolutamente in grado di indirizzare il gruppo anche senza dotazione tecnologica con esiti incerti. Nei restanti casi, l’architetto si sforzerà di riuscire nell’impresa avvalendosi non solo delle virtù che non possiede ma anche di tutte le strumentazioni optional in sua dotazione o fornitegli. In genere queste sono le giuste premesse per finire fuori strada e pernottare in aperta campagna.

– Tattile: Almeno il 20%degli architetti sviluppa durante gli anni di studio questo tipo di sensibilità a causa delle ripetute prove pratiche alle quali viene sottoposto. In genere si inizia attaccando foto su enormi fogli “bristol”, si prosegue costruendo modellini in cartoncino e vinavil, e si finisce ad incollare il rivestimento del bagno a casa del professore di restauro. Tuttavia a causa dell’inesorabile avanzare della tecnologia la sensibilità tattile degli architetti della nuova generazione è praticamente azzerata. Sono scomparse le tavole fotografiche in formato A1 e le stampanti 3d hanno mandato in soffitta i modellini in cartone. E così quando i futuri o neo architetti vengono convocati a casa del superiore, non sono capaci neanche di attaccare le piastrelle ventiventi nel gabinetto.

– Nervosa: Dagli esiti degli ultimi test a risposta multipla, risulta che solo il 10% degli architetti si ritiene particolarmente sensibile dal punto di vista nervoso. Questo è assolutamente confacente alle aspettative che il pubblico nutre nei confronti degli architetti che per le difficoltà alle quali vanno incontro devono saper gestire grandi pressioni con assoluta calma e destrezza. E’ infatti praticamente un miracolo che un architetto resti tranquillo davanti alle decine di personaggi (e alle loro pretese e ragionamenti) che deve fronteggiare ogni giorno. In realtà gli architetti italiani barano perché, per mantenere oggi un adeguato grado di serenità, non possono fare a meno di assumere grandi quantità di tranquillanti e camomilloidi endovena. O in alternativa dedicarsi ad attività che lo distraggano compleamente, tipo alcune discipline estreme come: l’ironman, il parapendio o il matrimonio con figli. In realtà il loro sistema nervoso, del 100% degli architetti, è assolutamente compromesso.

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